lunedì 11 settembre 2017

Recensione: Il giardino delle delizie di Joyce Carol Oates

Titolo: Il giardino delle delizie
Autore: Joyce CArol Oates
Traduttore: Francesca Crescentini
Casa editrice: Il Saggiatore
Numero di pagine: 520
Formato: Cartaceo

Campi di segale sotto il sole abbacinante dell'Arkansas. Le mani strappano i frutti dalla terra, la terra prude e si mangia le mani. I braccianti arrancano nel meriggio insieme ai cavalli e il sogno americano è un abbaglio nell'afa, una zacchera di fango sulla schiena, un canto di nostalgia e speranza spezzato dalle spighe del grano. Clara è la figlia di due contadini e trascorre l'adolescenza a correre tra gli odori aspri ed erbosi delle piantagioni, e a rubacchiare oggetti insignificanti nei negozi per divertimento e noia. Vagheggia un futuro di emancipazione, ricchezza e amori idilliaci; fantastica di evadere dalla promiscua violenza del suo mondo provinciale gettandosi con abbandono in ogni avventura: prima con Lowry, fascinoso e ribelle apolide che la strappa alla famiglia e l'abbandona subito dopo averla ingravidata; poi con Revere, facoltoso uomo già sposato che Clara seduce in cambio di una promessa di stabilità economica; infine con suo figlio Swan - l'ennesima speranza di riscatto, l'estrema illusione di una riscossa impossibile -, destinato però a diventare un uomo violento e autodistruttivo e a far naufragare anche gli ultimi sogni della madre. Primo capitolo dell'Epopea americana di Joyce Carol Oates, "Il giardino delle delizie" racconta l'America proletaria degli anni Cinquanta e Sessanta, l'America white trash, avida di scalate sociali e rivincite, cianotica per i pugni incassati dai bastardi nelle bettole e dalla vita. Manescamente sordida, fumeggiante e sognatrice. Attraverso gli occhi di una ragazza fragile e bellissima, straziata dai desideri e dai demoni sociali ereditati, Oates tesse una storia di abusi e violenze, un ritratto realistico di quella impetuosa fiumana americana che travolge e annega i suoi figli, attirandoli ai margini dell'esistenza, senza possibilità di ritorno, nel miraggio di un paradiso terrestre, un giardino delle delizie che si rivela, alla fine, una terra desolata.

Come promesso, inauguro la settimana con la recensione della mia ultima lettura. E che lettura! Finalmente ho fatto la conoscenza con una delle penne più famose d'America: la prolifica Joyce Carol Oates. Attirata da questa Epopea americana in 4 volumi che il Saggiatore ha portato in Italia, mi sono buttata su un romanzo che mi aspettavo impegnativo ma che è riuscito a sposare una trama impegnata e dolorosa con uno stile scorrevole.
Durante questa lettura due mi sono parse le maggiori tematiche affrontate nella prospettiva di un'America degli inizi del Novecento: la condizione della donna e le fortissime disparità sociali, temi che a un certo punto si fondono nel personaggio di Clara, filo rosso di tutta la vicenda, protagonista di un libro mai a lei del tutto dichiarato. I nomi che intitolano le tre differenti parti sono infatti quelli dei tre uomini più importanti della sua vita: Carleton, il padre; Lowry, l'amore della sua vita; Swan, il figlio.
Tutto il libro è incentrato su una ricerca di riscatto di Clara. Lei che è "spazzatura bianca": non è nera ma vive nelle stesse condizioni di quelli di colore e così la sua famiglia e quelle degli altri braccianti. Non posseggono neanche un brandello di terra ma vivono di essa. Fin dalla più tenera età lavorano nei campi, vi si spezzano la schiena, vi invecchiano precocemente; la terra è testimone del fiorire delle loro speranze e del loro rapido morire nel giro di pochi anni, quando i sogni per il futuro diventano una massacrante quotidianità. Vive in catapecchie cadenti e sporche questa "feccia bianca". Non sanno quasi leggere, sono imbruttiti e sfiancati dalla vita che conducono e il germe della follia cova sotto alla determinazione prima e alla disperazione poi. E così la madre di Clara, sfiancata dalle innumerevoli gravidanze, perde prima la bellezza, poi la gioia, poi la ragione; e come lei tutte le altre donne. È un'umanità rabbiosamente animalesca quella della Oates. I bambini crescono fin troppo in fretta e diventano adulti quasi analfabeti, non potendo frequentare con continuità la scuola e abbandonati con disprezzo da una società che li percepisce come irrecuperabili.
In questo contesto nasce Clara. Fra le bestemmie, il lavoro che spacca le ossa e l'amarezza di una vita che non è all'altezza delle aspettative. E da questo cerca disperatamente di scappare. Lowry rappresenta la sua via di fuga, il ponte per un'esistenza diversa. Ma anche Lowry è solo l'ennesimo sogno che non può realizzarsi. Revere, invece, è la roccia solida a cui appoggiarsi, è lui che può donarle le chiavi di quel giardino delle delizie che Clara ha sempre invidiato. Un giardino che, ovviamente, si rivela molto meno perfetto di quanto le apparisse da fuori.
Come dicevo, un altro dei temi che mi ha colpito è quello della condizione femminile. In una realtà priva di riscatto, l'unico modo per fuggire, per Clara, è legarsi a un uomo. Prima il padre, poi Lowry, poi Revere. In tutti i casi, i sacrifici richiesti sono durissimi: una silenziosa acquiescenza, un'assoluta mancanza di volontà (soprattutto nel caso di Revere). Come astutamente nota Clara, non sono le donne che strillano e pretendono che alla fine ottengono ciò che vogliono, ma quelle che sono accondiscendenti, che non discutono mai, che non contrariano mai. Una realtà amara che sto ritrovando anche nella mia attuale lettura, di cui vi parlerò sicuramente in futuro.
Piuttosto significativa, in questo senso, è senz'altro la figura dell'anonima moglie di Revere. Una donna che sa dell'amante ma che non può fare nulla. Questo era uno dei destini per noi donne: l'impotenza. La condanna a dover sempre chinare la testa davanti alle decisioni di un uomo, chiunque egli sia. Una constatazione amara, in un'epoca dove ancora le donne che protestano contro i maltrattamenti sono guardate con disprezzo da molti uomini e schernite perfino da altre donne.
Come si può intuire, il libro mi è piaciuto. Primo romanzo di un'epopea ambiziosa che mira a descrivere l'America del Novecento e ad esplorare le diverse condizioni sociali e umane cui essa ha dato luogo.
Libro consigliatissimo. Personalmente non vedo l'ora di leggere i seguiti.
E voi? L'avete letto o conoscete altri lavori della Oates?

Virginia

12 commenti:

  1. Ciao Virginia! Purtroppo non conosco questa nota autrice. Da come descrivi il romanzo, sicuramente deve valere la pena di leggerlo :-)

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    1. Ciao Silvia! Io la sentivo nominare da anni e poi mi sono decisa e non me ne sono pentita affatto!

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  2. Ciao Virginia! La lettura che proponi oggi è molto tosta, ma non ti nego che mi ha subito intrigato, anche perché il genere e le tematiche affrontate sono di mio gradimento. Non conosco questa autrice, ma se il suo stile è scorrevole, allora mi butterò a capofitto anche io nella lettura di questo libro *_*
    Un abbraccio!

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    1. Ciao Maria, il libro mi sembra assolutamente nelle tue corde! Io appena ho letto la quarta di copertina ho DOVUTO acquistarlo e non me ne sono pentita. Adesso, piano piano, continuerò ad acquistarla e a leggerla*-*

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  3. Non ho mai letto nulla di suo, almeno non ancora.
    Comunemente mi piacciono le narrazioni che riguardano la provincia americana, dove vive tutto un mondo ben distante dalle metropoli e dalle province più ricche. Forse è proprio quella l'America più vera.

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    1. Per me è stato il suo primo titolo e sicuramente mi ha colpita. Ma erano anni che volevo leggerla, quindi era solo questione di tempo prima che ci arrivassi. L'America delle province è sicuramente la più significativa - ma anche qui in Italia, se ci pensi. Sono i posti più esclusi e isolati quelli dove l'ipocrisia e le brutture umane si manifestano al meglio. E io ci vivo - mio malgrado - in un paesino del genere, Sarà per questo che ho l'argomento così a cuore...

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  4. La Oates mi intimorisce un po' ma la tua recensione mi ha fatto venire voglia di provare *_*

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    1. Te la consiglio spassionatamente, secondo me ti piacerebbe!

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  5. Ciao Virginia, non ho letto nulla di questa autrice ma questo libro sembra molto impegnativo anche se pieno di importanti riflessioni. Ovviamente il tema della figura della donna è molto interessante e anche la definizione che hai dato della scrittura dell'autrice e di come rende la sua storia: umanità rabbiosamente animalesca. Questa definizione mi ha colpito molto.
    Un abbraccio!

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    1. Ciao Antonietta! La Oates è nota per concentrarsi proprio sulla figura femminile nei suoi romanzi, motivo per cui era solo questione di tempo prima che arrivassi a leggerla. Io la consiglio, anche perchè non l'ho trovata stilisticamente pesante:)
      Un abbraccio!

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  6. la tua recensione fa venire voglia di approcciarsi a questo autore che ho sempre percepito come particolarmente difficile

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