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Titolo: Olive Kitteridge Autore: Elizabeth Strout Casa editrice: Fazi Editore Numero di pagine: 381 Formato: Cartaceo |
Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un’altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009.
Non so come sia potuto accadere, ma sto diventando una scrittrice notturna. Io, che la sera svengo a letto neanche avessi 80 anni suonati. La verità è che ho troppi impegni e non mi va di far languire il blog, perchè io amo questo mio spazietto virtuale e adoro voi che mi sostenete e lasciate sempre un segno di apprezzamento. Tutto questo per dirvi che l'università (che ho iniziato oggi, anyway) ha solo appesantito un carico già ingombrante e probabilmente mi ritroverò a programmare post come se non ci fosse domani. Quindi pazientate! Nessun commento verrà lasciato senza risposta e io cercherò di essere il più presente possibile anche nei vostri salotti virtuali. Solo, con un po' più di impegno (ma tutti lavorano e/o studiano, quindi non sto facendo nulla di eccezionale, devo solo imparare a calibrare bene i tempi).
Detto questo, passiamo alla recensione di oggi.
Olive Kitteridge non è un vero e proprio romanzo unitario, ma è una raccolta di racconti, tutti ambientati a Crosby, nel Maine, e tutti con una caratteristica in comune: la presenza, più o meno significativa, di Olive Kitteridge, temuta insegnante di matematica della settima classe.
Questo libro è partito lento e ci ha messo un bel po' per ingranare e, infine, coinvolgermi. Troppo, per riuscire a colpirmi davvero, e così la seconda metà riesce a riscattare solo in parte una prima sezione abbastanza scialba (questo per me, s'intende). Ogni racconto ha un protagonista diverso, più o meno vicino a Olive, ma ben presto ci rendiamo conto come ogni storia affronti, a modo suo, la stessa tematica: l'inevitabile, insostenibile solitudine dell'uomo. Viviamo le nostre vite, in ogni momento alla ricerca di qualcuno che condivida con noi il fardello dell'esistenza e, ogni volta, è come se la routine creasse un muro di ghiaccio. Allora cerchiamo altri legami, cerchiamo altre routine, fino alla vecchiaia, alla paura, alla solitudine. Ecco, una cosa che ho apprezzato moltissimo è proprio la rappresentazione della vecchiaia. Senza i soliti stereotipi, i pensionati della Strout sono incredibilmente realistici: hanno paura di morire, di restare soli; amano, anche se in modo diverso dei giovani, desiderano la vicinanza fisica che diventa anche vicinanza dell'anima.
I personaggi della Strout non sono buoni o cattivi. La stessa Olive, protagonista onnipresente, commette gravi errori, le cui conseguenze si porterà addosso per tutta la vita (il più grande: il figlio). Il racconto della visita al figlio è stato, a mio parere, uno dei più riusciti, e che angoscia nel leggere di una vita d'incomprensioni e incomunicabilità! Non ho potuto fare a meno di chiedermi se non sarà questo il destino di noi tutti: amare follemente nostro figlio e, proprio per questo, perderlo.
Olive è senz'altro un personaggio sopra le righe. Ingombrante emotivamente quanto fisicamente, è conosciuta a Crosby per le sue cattive maniere, che sfoggia in continuazione. Accanto alla sua vorace vitalità, però, la Strout delinea un aspetto più acuto, una sottigliezza nello sguardo che sembra cozzare con la sua personalità un po' alla buona. Olive sa essere, invece, estremamente esatta nei suoi giudizi.
Gli altri personaggi non reggono il confronto e spariscono davanti a lei. non per nulla, la Strout è a lei che intitola il romanzo.
Lo stile è scorrevole, pregno di una sorta di malinconia, di rimpianto, di sensazione di occasioni perdute: un amore, una vita. La sensazione è che Crosby sia l'umanità intera e questo dipinto mi ha un po' sconfortata.
Un libro delicato ma che non mi ha convinta del tutto. mi rimane la curiosità di leggere altro di questa scrittrice (magari Amy e Isabelle, di cui parlano tutti molto bene), ma se ne parlerà fra un bel po' di tempo.
Virginia