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venerdì 20 gennaio 2017

Recensione: La Compagnia dell'Anello di J.R.R. Tolkien

Titolo: La Compagnia dell'Anello
Autore: J.R.R. Tolkien
Traduttore: Vicky Alliata di Villafranca
Casa editrice: Bompiani
Numero di pagine: 520
Formato: Cartaceo

Un mondo sul ciglio dell'abisso, un pugno di eroi capaci di opporsi al male. Una pietra miliare della letteratura di tutti i tempi.
Avventure in luoghi remoti e terribili, episodi di inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano al solo nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri. Tutto questo è Il Signore degli Anelli, leggenda e fiaba, tragedia e poema cavalleresco, romanzo d’eccezione al di fuori del tempo, semplice e sublime.


Salve a tutti cari lettori, buongiorno! Oggi vi porto la recensione di un libro speciale. Speciale perchè è famosissimo, perchè amo i film e perchè la rilettura mi ha fatto scoprire un Tolkien quale non lo ricordavo, che tiene incollati alle pagine e fa rabbrividire di paura. Ebbene si, dopo 10 anni mi sono finalmente cimentata con la rilettura del celebre Il Signore degli Anelli, e per fortuna che l'ho fatto, perchè mi sarei persa un libro meraviglioso*-*
Prima di partire con la recensione vera e propria, però, preciso che con questa recensione partecipo alla Leggendo SerialMente Challenge indetta dai blog Un libro per amico e Desperate Bookswife. Mia intenzione sarebbe, per questa tappa, non solo rileggere Il Signore degli Anelli, ma riprendere in mano anche Lo Hobbit e leggere per la prima volta Il Silmarillion, acquistato quest'estate con gli sconti e mai aperto.
Detto questo, eccovi la mia opinione.


Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi di Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.


Tutti conoscono la trama di questo romanzo, anche solo grazie ai film di Peter Jackson. Da grande amante dell'adattamento cinematografico, la lettura del romanzo in sè è rimasta per anni (con mia grande vergogna) un ricordo non troppo convinto di un bel po' di anni fa, finchè con la Challenge non ho colto l'attimo e deciso di riprendere in mano un libro che mi chiamava da troppo tempo.
Come primo romanzo di una trilogia, La Compagnia dell'Anello ci presenta subito i protagonisti di questa storia: gli Hobbit. Con sorpresa del lettore, Tolkien non si immerge subito nel racconto ma si prende qualche pagina per descrivere la storia di questi piccoli, dolci esserini, che fuggono l'Uomo ma che un po' gli somigliano. Più che gli alteri Uomini di Tolkien, infatti, il lettore comune si immedesimerà negli Hobbit, che amano mangiare e festeggiare e nulla - o quasi nulla - sanno dell'oscurità che incombe su tutta la Terra di Mezzo. Eppure, chiamati a difendere chi amano non si tirano indietro, nonostante la paura che li attanaglia. Il talento di Tolkien si vede nel momento in cui non idealizza gli Hobbit ma li rende effettivamente a tutto tondo: anche fra di loro trova spazio il Male (la meschinità, il pregiudizio, l'avidità), ma è talmente piccolo, "comune", che, paragonato alla grande oscurità di Mordor, scompare. Non c'è buonismo, però, in Tolkien; che buonismo può esserci nell'uomo che ha creato Gollum e l'Anello?
In effetti, secondo me, La Compagnia dell'Anello è un libro che fa paura. Innanzitutto da un punto di vista convenzionale (i Cavalieri Neri sono degni di un horror), ma anche da un punto di vista un po' meno classico. Se devo essere sincera, infatti, l'idea dell'Anello, di una volontà malvagia e prevaricatrice, capace di annebbiare le menti e indurre alle azioni più orribili (Smeagol, la prima volta che vede l'Anello, per impadronirsene uccide l'amico Deagol), mi ha turbata molto.


Sicuramente nel mio caso si è rivelato vincente il parallelo col film, che mi ha messo a disposizione tutto un repertorio di immagini e colonne sonore che sono andate a mescolarsi con la mia stessa fantasia.
Una volta ricapitolata la storia degli Hobbit, entriamo subito nel vivo della storia, con l'organizzazione della festa di compleanno di Bilbo e l'apparizione sulla scena di alcuni importanti personaggi: Bilbo, già noto ai lettori de Lo Hobbit, Frodo, Gandalf, Sam. Ai nomi noti se ne affiancano altri taciuti dal film, ma che servono a ridare con estrema precisione l'idea della Contea e delle sue dinamiche. 
 Memorabili i capitoli dedicati a Lothlòrien e alla sua signora, Galadriel, ambigua e potente. Gli Elfi, in generale, sono il capolavoro di Tolkien, e nella narrativa fantasy successiva e contemporanea nessuno è più riuscito a renderli in maniera così perfetta: felici e tristi, giovani e antichi, amabili ma distanti. Le loro sono le luci delle stelle, lontane ma meravigliose nel cielo notturno, incapaci di donare calore ma rassicuranti nella loro sola presenza. E Lòrien, questo luogo dove il tempo pare essersi fermato, fa nascere il desiderio di epoche antiche e luoghi mai visti.
L'aspetto più suggestivo di Tolkien - e forse il più ostico per il lettore - è la sua scrittura, che conserva il sapore dell'epica antica e unisce alla sottile capacità di dipingere i personaggi con solo poche parole a una poderosa capacità poetica, che si sfoga in meravigliose e indimenticabili descrizioni paesaggistiche.
Ad arricchire questo libro - già bellissimo - sono le poesie composte dallo stesso Tolkien, che si intrecciano nella loro bellezza con l'accurata costruzione di un mondo e della sua Storia.
Ne riporto una, che ho particolarmente amato, tutta dedicata agli Elfi e, soprattutto, a Galadriel.


Cantavo di foglie, di foglie dorate, e sulle foglie l'oro brillava,
Cantavo del vento, e il vento incantato tra le fronde e le foglie giocava.
Al lume del Sole, al raggio di Luna, sul Mare brillava la schiuma.
Un albero d'oro, a Ilmarin ermo, su lidi e su spiagge profuma.
Al lume di stelle di Sempre-vespro esso si vedea brillar,
Ai piedi delle mura dell'Elfica Tirion, rifulgeva a Eldamar.
Ivi da anni e anni crescon le foglie d'oro,
Qui sui Mari Nemici gli Elfi piangono in coro,
Oh Lòrien! Giunge l'Inverno, l'Ora nuda e spoglia,
Il Fiume fugge via, e trascina con sè la foglia.
Oh Lòrien! Sulla Riva Citeriore troppo tempo ho passato,
Sbiadita è la mia corona d'elanor dorato.
Ma se adesso di navi dovessi cantare, qual nave vedrei arrivare,
Qual nave potrebbe ormai portare Galadriel al di là del mare?

Una riscoperta folgorante, che mi ha lasciata con la necessità fisica di continuare la lettura.

Virginia