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lunedì 17 ottobre 2016

Recensione: Amy Snow di Tracy Rees

Titolo: Amy Snow
Autore: Tracy Rees
Traduttore: Ada Arduini
Casa editrice: Neri Pozza
Numero di pagine: 456
Formato: Cartaceo

Hertfordshire, 1848. La brina ricopre i campi e le strade quando Amy Snow, la mantella stretta per difendersi dal gelo, si allontana da Hatville Court, la casa in cui ha vissuto per ben diciassette anni. L’unica persona che lei abbia mai amato, Aurelia Vennaway, figlia unica di Lord Charles e Lady Celestina Vennaway, una delle famiglie più in vista della contea, giace sotto sei piedi di terra in un angolo silenzioso del camposanto. E a Amy non resta che svanire come un’orma che si discioglie nella brina. Era stata proprio Aurelia a trovarla, diciassette anni prima, in una tersa mattina di gennaio in cui l’aria era tagliente come vetro. L’aveva vista agitarsi nella neve, minuscola neonata con la pelle fredda come gelatina di fragole, piccolo essere glabro e azzurrino abbandonato ai margini di una foresta inospitale. L’aveva battezzata Snow, perché era piena di neve, e Amy, perché era il nome della sua bambola preferita. E l’aveva portata con sé, a Hatville Court, la dimora dei suoi da tempo immemorabile. Erano cresciute insieme, Aurelia e Amy, come due sorelle inseparabili. Perché così si consideravano, loro. Ma a Hatville Court, e nell’intero villaggio, Amy poteva essere, a seconda dei giorni, degli umori della servitù e dei pregiudizi dei Vennaway, una giovinetta rispettabile o una vagabonda, una sorella o una sguattera. E ora, con la scomparsa di Aurelia, non può più restare nella grande dimora dei Vennaway, divenuta un luogo ostile e inospitale. Abbandonarla è un grande dolore, una pena che si aggiunge a quella che l’affligge da sempre: non sapere chi siano stati i suoi genitori, non avere nemmeno un frammento di informazione su di loro: un nome, la forma di un naso, la canzone prediletta... una cosa qualsiasi. Ad Amy non resta che mettere da parte il dolore e rivolgersi con determinazione al compito che Aurelia le ha affidato poco prima di morire: decifrare una serie di lettere contenute in un pacchetto occultato con cura, lettere che contengono un segreto cui Aurelia non ha mai fatto cenno quando era in vita. Lettera dopo lettera, Amy esegue diligentemente il compito per imbattersi in sorprendenti verità, che saltano fuori una dopo l’altra dall’armadio del passato, e hanno a che fare con i segreti più intimi di Aurelia e con la sua stessa misteriosa origine.

«Questo affascinante personaggio mi ha stregato, e la sua storia è così avvincente che non si riesce a smettere di leggere. Una vera delizia!».
Kathleen Grissom, autrice di Il mondo di Belle

«Amy Snow è scritto con calore e attenzione al dettaglio. Ma, soprattutto, offre un tenero, struggente ritratto della vera amicizia».
Historical Novel Society

«Tracy Rees è la nuova, eccezionale voce del romanzo storico».
Lucinda Riley


Amy Snow è l'esordio letterario di Tracy Rees, giovane scrittrice che si diverte a calare sè stessa e il lettore in un libro dalle tinte dickensiane e con quella sfumatura à la Jane Austen che tutte noi, in realtà, gradiamo assai.
Il romanzo della Rees ha vari livelli di lettura, proprio come piace a me.
Il primo è quello più evidente: la trama in sè stessa.
Amy è una trovatella cresciuta nella tenuta nobiliare dei Vennaway. Scelta come sorella dall'indomita Aurelia e detestata dai suoi genitori, Amy ha sempre vissuto un'esistenza a metà: tra il privilegio e la privazione, tra l'amore e l'odio. La morte di Aurelia, premessa del libro, è anche la premessa dell'inizio di una nuova vita per Amy che, un indovinello dietro l'altro, viene coinvolta in un imprevedibile caccia al tesoro architettata dalla stessa Aurelia, il cui tesoro è un prezioso segreto.
Andando un poco più a fondo, vi troviamo quelli che sono i temi cardine del romanzo: la condizione della donna, innanzitutto, e anche la crescita e l'evoluzione di una giovane donna, che da ragazza spaurita imparerà il valore della libertà e della possibilità di scegliere.
Le protagoniste indiscusse del romanzo sono Amy e Aurelia. Sono molto diverse l'una dall'altra, ma ciò non ha impedito loro di stringere un legame profondo e autentico. Se Amy, purtroppo, non è riuscita a imporsi ai miei occhi come narratrice principale della storia, non posso dire lo stesso di Aurelia che, anche se morta, continua a imprimere la sua forte personalità ad ogni pagina. Questo perchè Amy non riesce a dimenticarla - giustamente - e per poter proseguire con la sua vita e superare questa fase di stasi dovrà fare i conti con un passato improvvisamente pieno di segreti e con la figura che più di tutte è stata per lei importante: Aurelia. La si odia, la si ama, la si comprende. Un po' egoista e capricciosa ma con un grande cuore; bellissima ed energica, indomita e ribelle. Aurelia ruberebbe la scena a chiunque e Amy riesce a fatica a competere con una figura del genere.
Aurelia è anche, a mio parere, il personaggio più tragico. Intrappolata in una gabbia d'oro, le cui catene sono le convenzioni, le ipocrisie e il dovere, lotta contro il suo destino di "ricca" e "femmina" con tutte le sue forze, cercando di rompere gli schemi in cui la società vorrebbe rinchiuderla. 
La figura femminile viene però indagata a tutto tondo. Accanto ad Aurelia e Amy, dunque, abbiamo un corollario di altri personaggi femminili che, ne bene e nel male, arricchiscono la narrazione. Fra tutte, il personaggio migliore - l'unico che riesca, a mio parere, a cancellare persino Aurelia - è quello della signora Riverthorpe. Sgradevole, maleducata, un po' volgare, sicuramente sfacciata. Eppure colpisce il lettore dritto al cuore ed è un dispiacere vederla scomparire.
Le figure maschili risultano in realtà più tiepide, così come la storia d'amore, che mi è parsa quasi fuori luogo. Se Henry è dunque discretamente simpatico (Garland è odioso fin dall'inizio, noiosissimo con tutte quelle smancerie e quella perfezione!), la dinamica amorosa risulta invece un po' annacquata e, ora della fine, quasi una macchia su un quadro altrimenti discreto.
Un appunto alla traduzione. Non sono solita criticarla, a meno che non ci siano errori grammaticali, ma qui mi sono trovata davanti un'abitudine che mi è parsa un po' fastidiosa. La traduttrice, infatti, continua ad usare il sostantivo "fanciulla", anche un po' a sproposito, a mio parere (esempio: Non vedo l'ora di chiacchierare con le fanciulle - o qualcosa di molto simile). Di per sè non è un errore - ed è il mio l'unico appunto ad una traduzione per il resto ineccepibile - ma io personalmente l'ho trovato un po' fastidiosoxD
Detto questo, è il momento di tirare le somme. Nonostante il libro non sia perfetto, è comunque godibilissimo, anzi, si fa leggere che è un piacere. Il segreto di Aurelia e i suoi vari stratagemmi incollano il lettore alle pagine, così come lo stile scorrevole della Rees. I temi, anche se interessanti, non sono innovativi, ma riescono comunque a coinvolgermi sempre.
In definitiva, quindi, un libro consigliato per una piacevolissima lettura dalle tinte dickensiane e per riflettere meglio su un periodo spesso un po' idealizzato (da me per prima).

Virginia