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Titolo: Madame Bovary Autore: Gustave Flaubert Traduttore: Roberto Carifi Casa editrice: Feltrinelli Numero di pagine: 325 Formato: Cartaceo |
Tutto in Madame Bovary (1857) sembra disporre la scena dove il desiderio ha luogo insieme all'abisso che lo cancella. Emma Bovary ama come si divora, ama in una tragica voracità che somiglia a quella di un organismo incapace di assimilare, consuma se stessa e l'oggetto del suo desiderio in un tragico processo di alienazione amorosa, aiutata anche dal marito, Charles, che è tutt'altro che un uomo tranquillo e innocuo, ma un masochista morale di alto lignaggio che, con un sadismo perfettamente camuffato, contribuisce in maniera determinante al suicidio della moglie.
Recensire un classico in maniera negativa è difficile. Da una parte c'è che io non amo scrivere recensioni negative in generale; dall'altra sono sicura di essere io ad aver letto il libro in un periodo sbagliato e a non averne colto il messaggio. Fatto sta che sono qui e che ciò che ho da dire non è catastrofico ma neanche entusiasta.
Madame Bovary è uno di quei romanzi che hanno fatto la storia della letteratura. Pubblicato nel 1857, ancora oggi la sua protagonista si attira odi invincibili e simpatie. Io, che ogni volta devo fare la diversa, mi colloco un po' nel mezzo. Credo che sia inevitabile sentirsi urtati dall'egoismo profondo di Emma Bovary. Credo però anche che ogni lettore possa, almeno in parte, ritrovarsi in lei. L'influenza di questa figura sull'immaginario comune è diventata talmente forte e reale che da essa è scaturita una corrente di pensiero detta bovarismo. Il bovarismo altro non è che una costante insoddisfazione, un pungolo tormentoso cui fuga ma anche alimento è la lettura - vista come fuga dalla realtà. Lo stacco, però, tra realtà immaginaria e realtà concreta genera un'insoddisfazione ancor più accesa, in un circolo vizioso che si richiude costantemente su sè stesso.
Emma Bovary, dunque, è soprattutto un'inquieta. Una giovane donna piuttosto bella, piuttosto istruita; convinta che la felicità, quella di cui legge nei libri, sia sempre appena un passo più in là. E se, e se... L'esistenza di Emma è racchiusa nel tormento della certezza: il sapere - o così crede lei - che la felicità esiste ma non avere gli strumenti per afferrarla. Strumenti che per Emma sono puramente materiali: la nobiltà di sangue, il vivere nella capitale, il denaro. Di volta in volta fantastica di qualcosa di diverso, incapace di capire che ciò di cui legge non potrà mai avere riscontro nella realtà.
Il motivo per cui non ho amato Emma è che è un personaggio estremamente egoista ed individualista. Sempre concentrata su sè stessa, sacrificherebbe tutto e tutti nella sua furiosa ricerca di una quiete che il suo animo tumultuoso non le concede.
Il motivo per cui non l'ho odiata è perchè quel sentimento di irrequietezza, quel bovarismo, mi è fin troppo vicino e familiare e purtroppo io stessa ho dovuto farci spesso i conti. Emma è un'infelice e affronta la vita con voracità, quasi con ferocia. Non riesce a venire a patti con lo spleen dell'animo, non riesce a capire che l'unica arma contro quell'oppressione è solo in noi stessi, certo non negli altri o nella materialità. Per lei è semplice incolpare di quest'angoscia onnipresente il marito, i vicini, la sua condizione. Crede che l'amore - l'amore dei libri, quello fatto di bellezza e ideale - possa riscattare un'esistenza per lei non stimolante, per lei noiosa. La ricerca la porterà alla perdizione, allo squallore, alla morte.
L'altro protagonista del romanzo è Charles Bovary, marito di Emma. Lui è completamente opposto alla consorte e credo che potremmo definirlo l'Ignavo per eccellenza, con quella sua grettezza, quell'amore insopportabile, quella cecità ipocrita. Sebbene io non approvi il tradimento (è per me un argomento delicato), come potrebbe una donna inquieta come Emma accontentarsi di un fantoccio simile, con cui non ha assolutamente nulla in comune?
Uno dei temi secondo me presenti (anche se non il maggiore) è la condizione della donna nella Francia di quei tempi, tema che inevitabilmente traspare dalla lettura del romanzo. Emma, con tutti i suoi difetti, è una donna dal temperamento "artistico", che desidera vedere posti nuovi, sperimentare nuove emozioni. In quanto donna, il culmine della sua vita è rappresentato dal matrimonio e dalla maternità. Non credo sia un caso che, saputo di aver dato alla luce una bambina, Emma svenga. C'è però da dire che questo argomento è meno centrale e che è stato affrontato cento volte meglio da un altro capolavoro della letteratura, solo di qualche decennio più tardo: Anna Karenina di Lev Tolstoj.
In realtà leggendo Madame Bovary ho avuto l'impressione che Emma e Charles fossero una sorta di parodizzazione della loro stessa classe sociale, la borghesia. E così i tentativi di Emma di rendersi meno provinciale sembrano i tentativi della borghesia tutta di elevarsi - senza riuscirci - al livello dell'aristocrazia. Aristocrazia che rimane sempre un lontano sogno durato una notte e un ballo e incarnato dal Visconte, vero fil rouge del libro, che compare all'inizio e di nuovo alla fine, come un sogno evanescente.
La prosa di Flaubert è meravigliosa. La sua scrittura è fluida ed elegante e le descrizioni sono vivide e ricche di dettagli; i personaggi che delinea sono grotteschi nel loro essere insignificanti e giganteschi a un tempo, nel loro essere comici e terribili insieme.
Il problema del romanzo è stato che, nonostante tutte le mie buone intenzioni, non mi ha preso. Non mi è entrato sotto pelle, non mi ha fatta immedesimare coi personaggi. Ogni cosa mi è rimasta distante, comprensibile solo a metà. Spero di poterlo rivalutare, in futuro, e di farmi catturare dalla storia triste e crudele del signor Bovary e consorte.
Virginia