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lunedì 26 giugno 2017

Recensione in pillole: Il rosso e il nero di Stendhal, L'anello di re Salomone di Konrad Lorenz e La musica nelle tue parole di Serena Nobile

Ciao a tutti lettori e buon inizio settimana! Non so voi ma qui da me si muore di caldo (per chi non lo sapesse, sono di Bologna e per noi e pochi altri fortunelli c'era il bollino rosso-.-) e l'unica cosa umanamente possibile è spiaggiarsi in piscina o rinchiudersi in un luogo provvisto di aria condizionata. Per fortuna a farmi compagnia ci sono i libri (sempre siano benedetti). Dopo il periodo di crisi, sono ufficialmente guarita! Non h mai smesso in maniera effettiva ma sto recuperando un buon ritmo e, soprattutto, la VOGLIA. Tanto che oggi mi ritrovo a sfoderare nuovamente le mie Recensioni in pillole per parlarvi degli ultimi tre titoli che mi sono passati per le mani.
Ma andiamo con ordine ed eccovi le mie opinioni!

Titolo: Il rosso e il nero
Autore: Stendhal
Casa editrice: Einaudi
Numero di pagine: 619
Formato: Cartaceo

Scritto tra la fine del 1829 e la prima metà del 1830, Il rosso e il nero è il secondo romanzo di Stendhal. L'autore ne corregge le bozze durante le giornate della Rivoluzione di luglio, che liquida la Restaurazione e inaugura la monarchia borghese di Luigi Filippo. Di questo passaggio cruciale Stendhal restituisce con fedeltà lo spirito, muovendo dalla realtà della provincia per approdare a Parigi, dove da sempre si annodano e si sciolgono i destini politici della Francia. Qui Julien Sorel, giovane avventuroso, romantico e calcolatore, sfida se stesso e la società che vorrebbe conquistare: i suoi amori travolgenti e la sua arida sete di dominio, che di volta in volta gli consentono di affermarsi pur portandolo alla distruzione, sono i segni distintivi di una letteratura che sa misurarsi con le piú profonde contraddizioni dell'animo umano.

Avevo questo romanzo in casa da tempo e, grazie all'università, finalmente l'ho letto. Ora della fine, purtroppo, non posso dire che mi abbia trasmesso nulla di particolare. 
Sicuramente mi ha colpita il protagonista, Julien Sorel. Fin dall'inizio si classifica come diverso ed è arso da un carattere estremamente passionale a cui si accompagna una forte ambizione. Fin dall'inizio lo vediamo lacerato fra i suoi due istinti primari - da qui anche il titolo. Non sa se assecondare il suo desiderio di affermazione in una società che, per la sua origine, lo penalizza e che l'unico spiraglio che concede per la crescita è la via della Chiesa, o se seguire il suo animo che lo vorrebbe Grande sulla scia del suo idolo, Napoleone Bonaparte. Bisogna tenere anche conto del periodo in cui è ambientato il romanzo. La Francia ha attraversato la Rivoluzione e ha poi conosciuto il tradimento e la grandezza di Napoleone; il mondo antico, così come molti lo conoscevano, è scomparso, sconquassato da cambiamenti repentini ed epocali. Il nuovo mondo, l'impero del Soldo e del Borghese, va imponendosi. Contro questa nuova realtà lottano Stendhal e il suo magnetico eroe, ma chi lo sa se ne usciranno vincitori.
Accanto al dilemma - piegarsi a questa nuova realtà o seguire i propri ideali - assistiamo alla tormentata vicenda amorosa di Julien, inscindibile però dal suo stesso tormento interiore. Da una parte ama la spontanea e dolce signora de Renal, dall'altra la sua ambizione e la sua tensione all'irraggiungibile lo legano all'aristocratica Mathilde de la Mole. Il contrasto fra i due personaggi femminili - espressione della scissione nello stesso animo d Julien - l'ho trovato molto interessante. 
Da un lato c'è la signora de Renal. Lei è vera, ingenua, "di pancia". Il suo è un amore puro e incondizionato, soprattutto perchè non cercato, anzi, spesso sofferto e fonte di tormento per una donna che prima era l'irreprensibile moglie di un ricco borghese e una madre amorevole. Improvvisamente Julien, accolto in casa come precettore dei suoi figli, diventa il suo mondo: se ne innamora, lentamente ma inesorabilmente. Finchè quell'amore è vissuto i maniera platonica e inconscia, la signora de Renal è felice. Ma poi, con la consapevolezza, arriva il peccato, e da lì il tormento. Ma questo sentimento non sporcherà mai un animo che rimane sempre limpido e puro.
Mathilde è molto diversa dalla sua rivale. Esponente della più antica nobiltà parigina, è giovane, ricca, bellissima, brillante e orgogliosa. Soprattutto, è annoiata. Mathilde è molto simile a Julien: entrambi sono dei sognatori, scontenti della realtà in cui si ritrovano a vivere. Entrambi aspirano alla grandezza, all'immortalità. Entrambi nutrono un temperamento forse troppo eccitabile con letture che, in realtà, sono proprio atte a rinfocolare quest'esaltazione. Forse per questa eccessiva somiglianza, il loro non può essere un rapporto tranquillo. Fra di loro si svolge una vera e propria guerra, dove la vittoria è solo momentanea, perchè il prevalere dell'uno porta immediatamente a un rovesciamento dei ruoli. Si consuma dunque un'aspra lotta fra l'orgoglio di entrambi: Mathilde è fin troppo consapevole della sua maggior posizione sociale per vivere quell'amore senza ricordare il suo "abbassarsi"; Julien, che detesta per principio chiunque sia socialmente meglio di lui, si sente umiliato a sua volta da quella disparità fin troppo evidente e sofferta.
Mathilde cerca in lui la grandezza di sentimenti che non ritrova fuori dalle letture e dalla Storia passata; Julien cerca l'innalzamento sociale e, in definitiva, la vittoria su un ceto dal quale si sente costantemente oppresso.
Il finale asseconda lo spirito Romantico dei personaggi e segna una definitiva vittoria del sentimento sulla ragione.

Titolo: L'anello di Re Salomone
Autore: Konrad Lorenz
Traduttore: Laura Schwarz
Casa editrice: Adelphi
Numero di pagine: 278
Formato: Cartaceo

Che i pesci possano essere estremamente passionali; che le tortore siano più feroci dei lupi con gli animali della propria specie; che un’oca possa credere di appartenere alla specie umana, e in particolare di essere la figlia dello scienziato che l’ha covata: ecco alcune delle sorprese che avranno i lettori di questo libro. Che cosa significhi capire gli animali moltissimi di noi lo hanno imparato dalle sue pagine. Non solo perché Lorenz è stato uno dei padri fondatori dell’etologia, ma perché Lorenz ha saputo vivere con gli animali, con una curiosità, un’affettuosità verso ogni creatura, un senso del gioco e un dono del raccontare le loro storie che mai ha manifestato così compiutamente come nell’"Anello di Re Salomone". "L’anello di Re Salomone" fu pubblicato per la prima volta in Germania nel 1949.


Questo libro è una via di mezzo fra il romanzo il saggio. Ma forse, in realtà, non è nessuno dei due. Sebbene l'autore, infatti, abbia ricevuto il Nobel nell'ambito della scienza, questa sua opera esula da un contesto prettamente scientifico e diventa un'incantevole, tenera lettura per chiunque ami gli animali o ne sia comunque incuriosito. Lorenz, infatti, è un uomo che ha vissuto un'esistenza votata al suo amore per la natura e per gli animali che la popolano: pesci, uccelli, mammiferi. In questo libro trascrive l'esperienza di una vita vissuta a contatto con loro e lo fa non con il tono freddo e impersonale dello scienziato ma con l'occhio amorevole ed esperto di chi non solo gli animali li studia, ma li ama anche e li rispetta.
Abbiamo quindi un insieme di aneddoti, tutti strani e divertenti, che inteneriscono e fanno sorridere, perchè chi un po' gli animali li conosce sa che sono buffissimi. 
Se ne ricava però una lettura un po' più sottile. Alcuni dei messaggi mi hanno colpita, perchè mi sono ritrovata spesso a rivedermi in alcuni comportamenti un po' superficiali.
Innanzitutto, l'uomo è di fatto un animale e in quanto tale conserva determinati istinti. Di base, però, l'uomo è andato molto oltre. Il che non è per forza un fattore positivo, come viene mostrato spesso e volentieri nel libro. Con l'autocoscienza e, soprattutto, la morale, l'etica, abbiamo in realtà perso il senso del giusto e dello sbagliato. L'animale non è mai crudele, anche quando a noi appare così: è un'antropomorfizzazione. L'animale si comporta in base alla propria natura e, in quanto tale, non agisce mai in modo "sbagliato", con l'accezione che vi diamo noi. E questo vale per il lupo, che ha degli istinti che lo portano a non dare mai il colpo di grazia al suo rivale lupo in uno scontro, ma anche per le tortore, che non hanno nessun istinto simile e che quindi possono infierire fino alla morte su un membro della propria stessa razza.
Ho trovato questo libro estremamente scorrevole e appassionante e credo che tutti quanti potrebbero leggerlo e amarlo. Non è un trattato di scienza ma comunque il fatto che a parlare sia nientemeno che un Nobel rassicura il lettore: un libro leggero, certo, ma scritto da chi le cose le SA, in questo periodo dove pare che tutti sentano il bisogno di mettere la bocca su tutto.

Titolo: La musica nelle tue parole
Autore: Serena Nobile
Casa editrice: Harper Collins
Numero di pagine: 205
Formato: Digitale

Giovane ed esuberante soprano, Vittoria incarna la sensuale passionalità della terra in cui è nata e cresciuta, e ora incede sicura sul palco del San Carlo di Napoli come una diva d'altri tempi. L'unica persona che riesce a scalfire il suo aplomb è Lorenzo, posato e schivo quanto lei è egocentrica e spumeggiante. Sono diversi come il sole e la luna e vanno tutt'altro che d'accordo, eppure la voce vellutata del giovane tenore accende dentro di lei un'emozione bruciante che la turba al punto da farle perdere il controllo. 

Quando qualcuno si introduce in casa sua e lascia sul piatto del giradischi un vinile che lei è certa di non aver ascoltato, il passato che ha legato indissolubilmente la sua vita a quella delle sue più care amiche torna a perseguitarla. Di colpo la sicurezza dietro cui si è sempre nascosta svanisce, rivelando una ragazza fragile e dolce che desidera solo essere amata e protetta. Così Lorenzo, colpito da quel cambiamento, la porta via con sé, e in una notte di follia emerge tutto il desiderio che covava sotto l'apparente ostilità. 

Resistere è impossibile, dimenticare inaccettabile, e il pericolo si prepara a emergere dall'ombra.



La serie Cinque sensi torna con un nuovo romanzo, ancora più intenso e ricco di suspense.


A distanza di pochissimo tempo, Serena Nobile (alias Virginia de Winter) ci offre il secondo volume della serie I 5 sensi. Questa volta la protagonista è la cantane lirica Vittoria Desseny che, nella calorosa e caotica Napoli, si prepara a calcare le scene nel ruolo della celebre Tosca, in compagnia del coprotagonista più detestato - da lei - di sempre: il fratellastro Lorenzo, un affascinante argentino dagli occhi verdi e conturbanti. Se a questo aggiungiamo la iella tradizionalmente legata a questo spettacolo e strani avvenimenti che inquietano molto Vittoria e le sue tre amiche - anche da punti molto distanti del globo - il lettore capisce che gli si preparano pagine molto interessanti da leggere.
Questo secondo romanzo mi è piaciuto più del primo (qui la recensione): non solo la storia d'amore e i caratteri dei protagonisti sono più nelle mie corde, ma la parte mistery comincia finalmente ad emergere qui con prepotenza, inquietando il lettore.
Come al solito, i personaggi secondari sono un po' il sale dei romanzi di quest'autrice, che non si smentisce regalandoci Pietro, un pappagallo che conosce poche parole ma buone (anche se non sempre tutte beneducate) e Tita, l'irresistibile governante della famiglia Desseny che cospira e briga come una perfetta macchietta da Opera.
Ciò che più mi è piaciuto è stato l'ambiente artistico e musicale in cui si è svolto il romanzo: l'Opera, appunto. Abbiamo dunque non solo continui riferimenti ad essa e divertenti aneddoti, ma ogni capitolo prende il suo titolo da una frase tratta da uno spettacolo celebre - frase che, ovviamente, si sposa alla perfezione con ciò che accade nel capitolo.
Unica piccola delusione. Nel primo romanzo avevo amato la descrizione ricca e irresistibile di una Roma magnetica e speravo di ritrovare questo ritratto anche per Napoli, ma purtroppo così non è stato. La città si vede che è conosciuta all'autrice, che ce la descrive con amore, ma personalmente mi è mancato quel senso di nostalgia e magnetismo che invece ho trovato con Roma come palcoscenico. Ma probabilmente è stata una mia impressione, che ha influito il giusto sul mio gradimento generale del libro.

E con questo è tutto! Mi sa che ci rivedremo presto con una nuova CineRecensione (tremate, i drama son tornatixD). Nel mentre, vi auguro buone letture e buona settimana:)

Virginia







lunedì 5 dicembre 2016

Recensioni in pillole: Benedizione di Kent Haruf e Lizzie di Shirley Jackson

Buon lunedì cari lettori, e buon inizio settimana! Oggi vi accolgo con alcune recensioni arretrate che, per mia comodità, ho dovuto accorpare e accorciare, in modo da farne uscire un unico post. Mettetevi comodi, quindi, e lasciate che vi delinei un po' il mio parere su queste letture.

Titolo: Benedizione
Autore: Kent Haruf
Traduttore: Fabio Cremonesi
Casa editrice: NN Editore
Numero di pagine: 280
Formato: Cartaceo
Nella cittadina di Holt, in Colorado, Dad Lewis affronta la sua ultima estate: la moglie Mary e la figlia Lorraine gli sono amorevolmente accanto, mentre gli amici si alternano nel dare omaggio a una figura rispettata della comunità.
Ma nel passato di Dad si nascondono fantasmi: il figlio Frank, che è fuggito di casa per mai più tornare, e il commesso del negozio di ferramenta, che aveva tradito la sua fiducia. Nella casa accanto, una ragazzina orfana viene a vivere dalla nonna, e in paese arriva il reverendo Lyle, che predica con passione la verità e la non violenza e porta con sé un segreto. Nella piccola e solida comunità abituata a espellere da sé tutto ciò che non è conforme, Dad non sarà l’unico a dover fare i conti con la vera natura del rimpianto, della vergogna, della dignità e dell’amore.
Kent Haruf affronta i temi delle relazioni umane e delle scelte morali estreme con delicatezza, senza mai alzare la voce, intrattenendo una conversazione intima con il lettore che ha il tocco della poesia.

Questo libro è per chi ama rileggere i classici e vorrebbe perdersi negli sconfinati spazi della pianura americana (o nelle fotografie di Robert Adams), per chi desidera un cappello da cowboy anche se forse non lo indosserà mai, per chi nutre una sorta di fiducia razionale nel genere umano e crede che le verità gridate siano sempre meno vere di quelle suggerite con pudore.
“Benedizione conferma che non c’è fine alle storie che Haruf può raccontarci né c’é fine al suo regalarci ogni volta uno linguaggio duraturo e bellissimo.” – Paul Elie, The New York Times Book Review
“Abbiamo atteso a lungo di essere nuovamente invitati a Holt, luogo dove si svolgono i romanzi
di Kent Haruf.” – Ron Charles, Washington Post
“Meraviglioso… il mondo di Kent Haruf è popolato da individui la cui vita ordinaria assume toni
di epicità e di verità universale.” – Niall Williams, Sunday Times
“È dai tempi di Hemingway che l’America non ha un autore in grado di innescare una simile empatia con il lettore. Uno dei nostri migliori autori viventi.” – Bruce Machart, The Houston Chronicle

Quest'estate Kent Haruf è stato il protagonista di una nuova moda letteraria, qui in Italia. Portato da noi dalla NN Editore, piccola ma valida casa editrice indipendente (e di cui voglio assolutamente leggere altro!), c'è stato un momento in cui, guardandomi attorno, non leggevo che recensioni sulla tanto amata Trilogia della pianura. A quel punto, inserire il primo libro nella lista dei regali di compleanno è stato un obbligo.
Haruf ci racconta una storia di triste quotidianità: Dad Lewis, stimato cittadino di Holt, ha da vivere poco più di un mese. Tempo che impiegherà nel ripercorrere la sua vita, nel congedarsi dai luoghi che ha amato, nel chiudere il cerchio di ciò che era rimasto aperto, nell'accettare ciò che gli è rimasto dentro, come un macigno, per tutta la vita. Accanto a lui c'è la compagna di una vita, Mary, la figlia Lorraine, gli amici e i vicini, tutti protagonisti della storia di Haruf, tutti ugualmente coinvolti in quel clima di malinconico rimpianto con cui si riguarda il passato e ci si rende conto del tempo passato, degli errori, delle possibilità perse.
Haruf ha una scrittura scarna ed essenziale. Al lettore il compito, nel corso della lettura, di tirare le somme e riempire i vuoti di una storia che, forse, non vuole essere altro che l'istantanea di un momento di un racconto lungo una vita. C'è un senso di malinconia e raccoglimento, nel momento in cui si chiude il libro; il desiderio di tornare a Holt e penetrare ulteriormente in un luogo che è tutti i luoghi, abitato da un'umanità che non viene mai idealizzata ma solo mostrata nei suoi pregi e difetti da una scrittura quieta e quasi pudica, che affonda oltre il velo dell'ipocrisia e dell'apparenza ma lo fa con la delicatezza del predicatore, che ascolta i peccati e poi, nonostante tutto il marcio che ha visto, benedice ugualmente la platea.
Haruf non rinuncia a un messaggio finale di speranza. Benedizione ci narra di una morte e del progressivo addio alla vita che aspetta tutti, nessuno escluso. Nonostante ciò, rigira le carte in tavola e ci mostra come la vita sia sempre più forte, più rumorosa e ingombrante della morte.

Titolo: Lizzie
Autore: Shirley Jackson
Traduttore: Laura Noulian
Casa editrice: Adelphi
Numero di pagine: 318
Formato: Cartaceo
Opera della maestra del thriller nero, venerata da Stephen King, Lizzie è il primo grande romanzo delle personalità multiple. La protagonista, Elizabeth Richmond, ventitré anni, i tratti insieme eleganti e a­nonimi di una «vera gentildonna» della provincia americana, non sembra avere altri progetti che quello di aspettare «la propria dipartita stando il meno male possibile». Sotto un'ingannevole tranquillità, infatti, si agita in lei un disagio allarmante che si traduce in ricorrenti emicranie, vertigini e strane amnesie. Un disagio a lungo senza nome, finché un medico geniale e ostinato, il dottor Wright, dopo aver sottoposto la giovane a lunghe sedute ipnotiche, rivelerà la presenza di tre personali­­tà sovrapposte e conflittuali: oltre alla stessa Elizabeth, l'amabile e socievole Beth e il suo negativo fotografico Betsy, «maschera crudele e deforme» che vorrebbe fagocita­re e distruggere – con il suo «sorriso laido e grossolano» e i suoi modi sadici, insolenti e volgari – le altre due.
È solo l'inizio di un inabissamento che assomiglierà, più a che un percorso clinico coronato da un successo terapeutico, a una discesa amorale e spietata nelle battaglie angosciose di un Io diviso, apparentemente impossibile da ricomporre: tanto che il dottor Wright sentirà scosse le fondamenta non solo della sua dottrina, ma della sua stessa visione del rapporto tra l'identità e la realtà.


Da tempo Shirley Jackson mi attirava e, dopo una recensione e un fortuito ritrovamento in biblioteca, ho deciso di iniziarmi a quest'autrice con un'opera minore. La trama mi intrigava molto e mi sono immersa nella lettura con tutte le migliori intenzioni di questo mondo. Purtroppo, nel momento in cui l'ho chiuso, ho dovuto fare i conti con una certa delusione. Lizzie è senz'altro un libro scorrevole, ma sicuramente non mi ha colpita come speravo facesse.
Non ho critiche o lodi  particolari da fare. A dire il vero, non mi ha ispirato emozioni particolari e mi ritrovo quasi un po' in imbarazzo, dal momento che non so bene cosa scrivere.
Nonostante tutte le domande scaturite all'inizio, la lettura non mi ha dato completa soddisfazione e la madre di Lizzie, personaggio chiave nel passato e nel trauma della ragazza, rimane un personaggio sfuggente e misterioso. Allo stesso modo, ogni personaggio sembra sfuggire a una facile identificazione e rimane sempre un po' ambiguo (con l'eccezione del dottore, probabilmente). Credo che non mi abbia fatto impazzire principalmente perchè datato: dopotutto abbiamo materiale medico in esame ed è impossibile non notare la differenza con i libri di oggi che trattino gli stessi argomenti.
In definitiva, un libro che non mi ha lasciato molto ma che, comunque, non mi impedirà di provare qualche altra opera di questa scrittrice, magari un po' più celebre e,  spero, migliore.

Virginia