mercoledì 8 novembre 2017

Recensione: Gli anni della leggerezza di Elizabeth Jane Howard

Titolo: Gli anni della leggerezza
Autore: Elizabeth Jane Howard
Traduttore: Manuela Francescon
Casa editrice: Fazi Editore
Numero di pagine: 606
Formato: Cartaceo

È l'estate del 1937 e la famiglia Cazalet si appresta a riunirsi nella dimora di campagna per trascorrervi le vacanze. È un mondo dalle atmosfere d'altri tempi, quello dei Cazalet, dove tutto avviene secondo rituali precisi e codici che il tempo ha reso immutabili, dove i domestici servono il tè a letto al mattino, e a cena si va in abito da sera. Ma sotto la rigida morale vittoriana, incarnata appieno dai due capostipiti affettuosamente soprannominati il Generale e la Duchessa, si avverte che qualcosa sta cominciando a cambiare. Ed ecco svelata, come attraverso un microscopio, la verità sulle dinamiche di coppia fra i figli e le relative consorti. L'affascinante Edward si concede svariate amanti mentre la moglie Villy si lacera nel sospetto e nella noia; Hugh, che porta ancora i segni della grande guerra, forma con la moglie Sybil una coppia perfetta, salvo il fatto che non abbiano idea l'uno dei desideri dell'altra; Rupert, pittore mancato e vedovo, si è risposato con Zoe, un'attrice bellissima e frivola che fatica a calarsi nei panni della madre di famiglia; infine Rachel, devota alla cura dei genitori, che non si è mai sposata per un motivo ben preciso. E poi ci sono i nipoti, descritti mirabilmente nei loro giochi, nelle loro gelosie e nei loro sogni, in modo sottile e mai condiscendente, dalle ingenuità infantili alle inquietudini adolescenziali. Ma c'è anche il mondo fuori...

Buon mercoledì cari lettori! Oggi vi recensisco il primo libro di una saga molto chiacchierata e che ha visto il suo ultimo libro pubblicato qua in Italia solo un paio di mesi fa, a settembre. Si tratta del primo volume della saga dei Cazalet e la mia è una rilettura che mi ha suscitato considerazioni molto differenti del mio primo approccio.
Ormai più di un anno fa terminavo Gli anni della leggerezza. Nonostante mi fosse abbastanza piaciuto, non ero riuscita comunque ad evitare un generico senso di delusione. Dopo tutto il clamore attorno a questo libro, mi sarei aspettata di più. Ho poi letto il secondo e lì mi sono fermata. I successivi volumi sono andati accumulandosi ed io ho deciso di aspettare di possedere l'intera serie per rileggere i primi libri e poi buttarmi subito sui seguiti. Ed è ciò che sto facendo adesso. Attualmente ho in rilettura il secondo e non posso che essere felice di non aver abbandonato la famiglia Cazalet al suo destino.
Come molti di voi già sapranno, quella dei Cazalet è un'imponente saga familiare. La Howard ha sfornato quattro libroni e un libro di medie dimensioni su questa affollata famiglia e il motivo è presto detto: in centinaia e centinaia di pagine trovano voce innumerevoli PoV e la Howard non ha trascurato nessuno: ci sono gli adulti e i bambini piccoli, i nobili e i servitori. A ognuno sono dedicati piccoli e agili paragrafi e la narrazione scorre con la fluidità e la placidità di un fiume. Perchè non succede quasi nulla in questo primo romanzo. La Howard ci concede un bel po' di pagine per immergerci nell'atmosfera di questa famiglia, per farci conoscere ogni personaggio. E, se agli inizi il lettore si ritrova spaesato e un po' confuso in questa girandola di nomi e parentele, ben presto li riconoscerà come se fossero veri parenti.
Di questo mi sono accorta nella mia rilettura. A più di un anno dal primo approccio, ogni personaggio era rimasto scolpito nella mia memoria e quei sottili legami che li uniscono tutti e che tanto mi avevano fatta penare all'inizio erano rimasti chiari e solidi, permettendomi di riconoscere immediatamente ogni personaggio. Mi sono sentita subito a casa, fra i Cazalet. Questa grande e disfunzionale famiglia è riuscita a entrare nel mio cuore e non me ne ero neanche accorta! Davvero, tornare fra di loro è stato naturale come respirare. E qui ho avuto una rivalutazione totale dello stile di scrittura della Howard, che mi era sembrato si scorrevole ma anche abbastanza superficiale. La verità è che la penna di quest'autrice possiede un'incredibile leggerezza. Con leggerezza ci descrive i personaggi, passa dall'uno all'altro e lascia che siano le loro vive voci a presentarli al lettore. Non si intorbida nelle loro riflessioni più cupe, non si appesantisce con monologhi o digressioni e per questo, all'inizio, mi era sembrato uno stile superficiale. E invece è ben più efficace e potente questa distaccata narrazione che non altre scritture più analitiche. I personaggi risultano vividi al ricordo, alla rilettura mi ricordavo le loro caratteristiche principali e avevo come l'impressione che la Howard fosse riuscita a catturare su carta l'ambiguità e la vastità dell'animo umano. Questa famiglia è infatti un affresco di tutto ciò che l'umanità può offrire. I temi che la Howard affronta con questa "eleganza salottiera" sono importanti e, talvolta, tragici: si va dall'omosessualità agli abusi, ai rapporti fra le persone alle difficoltà del crescere.
Possiamo dividere in tre grossi gruppi la famiglia Cazalet.
Innanzitutto abbiamo i domestici, invisibili ma onnipresenti, ognuno là con le proprie stranezze e i propri sogni.
Poi ci sono i bambini, la giovane generazione Cazalet, e ce ne sono un bel po'! A loro la Howard - cosa innovativa per una scrittrice dell'epoca - dedica tantissima attenzione e ci mostra un mondo che è lo specchio di quello degli adulti, ma ancora innocente. I sentimenti sono nuovi e travolgenti, più genuini e puri di quelli ormai corrotti degli adulti. La Howard è riuscita a conservare e a trasmettere un pezzo d'infanzia e come lettrice non posso che esserne affascinata e ringraziare.
Infine, abbiamo gli adulti. Fra di loro è il trionfo dell'incomunicabilità. Le cose importanti vengono taciute e le frivolezze sono le uniche espresse. Qui si inserisce una vena di amarezza, una nota di oscurità che si protende verso il mondo dell'infanzia.
Nonostante sia un romanzo corale, emergono comunque tre protagoniste, a mio parere, e sono le tre cugine Louise, Polly e Clary, ognuna figlia di uno dei tre fratelli Cazalet. In ognuna di loro sembra che la Howard abbia lasciato un pezzetto di sè stessa e le ho amate tutte, anche se in particolare Polly e Clary. 
Questo è un romanzo d'introduzione e probabilmente per questo in molti lo hanno trovato lento. Devo essere sincera, io non ho mai avuto quest'impressione, neanche alla prima lettura, anzi! Una delle cose che notai subito all'epoca fu proprio la facilità con cui le pagine scorrevano e l'abilità della Howard nell'incastrarti nel suo mondo. Credo che questo effetto sia dovuto all'impiego di tanti paragrafi brevi, che permettono di non soffermarsi troppo su un singolo personaggio e che, secondo me, impediscono d'annoiarsi.
Come rilettura è stata senz'altro un successo! Come vi dicevo, sono già alle prese con il seguito e ringrazio le mie mani bucate - solo coi libri però! - che mi consentono ora di leggere tutta la serie praticamente di filaxD
E voi, avete letto la saga dei Cazalet? Se si, vi è piaciuta?

Virginia

mercoledì 1 novembre 2017

CineRecensione#15: Stranger things (II stagione)

Anno: 2017
Episodi: 9
Produttore: Netflix

SPOILER SULLA PRIMA STAGIONE

Buongiorno a tutti e buon primo novembre! Avrei voluto pubblicare questa recensione ieri ma non ce l'ho fatta, quindi eccovi oggi il mio parere sulla seconda, attesa stagione di Stranger things.
È passata un anno da quando Will è tornato dal Sottosopra e Undici ha ucciso il Demogorgone. Tutto sembra tornato alla normalità: Nancy e Steve stanno insieme, i quattro amici Dustin, Mike, Lucas e Will sono tornati uniti e Joyce ha iniziato una relazione con Bob, vecchio compagno di scuola e cervellone, un uomo un po' goffo ma molto dolce, che prova in tutti i modi non solo ad essere un buon compagno per Joyce ma anche un padre per i suoi figli.
Tutto sembra andare bene. Eppure.
Cos'è la normalità dopo che hai combattuto un mostro, dopo che la ragazza di cui sei innamorato è morta per ucciderlo, dopo essere stato nel Sottosopra? Com'è possibile tornare a ciò che era prima? 
Non è possibile, infatti. E così Mike non riesce a smettere di sperare che Undi sia lì, da qualche parte, ad ascoltarlo; Nancy non riesce a superare la morte di Barb, a non sentirsi responsabile della sua morte. E Will vede qualcosa, un'ombra mostruosa nel Sottosopra che, secondo i medici del laboratorio di Hawkins, è solo il residuo del trauma subito un anno prima. Ma ovviamente non è così e un nuovo pericolo sta per abbattersi su Hawkins e i suoi abitanti.



Non ho apprezzato subito questa seconda stagione. Agli inizi, anzi, ero un po' delusa e solo dopo gli ultimi episodi e una valutazione a posteriori sono riuscita a collocare bene questa stagione.
Parto con gli elementi che non mi hanno convinta:
1. Jonathan. Lui è stato il mio personaggio preferito della prima stagione e avevo grandi aspettative per ciò che gli sarebbe successo, in particolare della sua relazione con Steve e Nancy. Invece in questa seconda stagione il suo è un ruolo assolutamente marginale e, anche se ci danno #unagioia, non basta ad addolcire l'amarezza di un'occasione mancata. E questo discorso coinvolge anche Nancy! Un personaggio che ci ho messo un po' ad apprezzare ma che poi mi aveva convinta e appassionata ed è qui protagonista di un filone abbastanza noioso e poco convincente.
2. Steve. Un personaggio non fra i migliori ma comunque che ha una sua rivalutazione, che progredisce ulteriormente in questa stagione. Solo che non mi è piaciuto il modo in cui lo hanno fatto rapportare a Nancy e Jonathan. Se della prima non voglio dire nulla per non fare spoiler, nel secondo caso posso dire tranquillamente che credo abbiano segnato un record: in otto puntate da un'ora credo che Jonathan e Steve non si siano rivolti neanche una mezza parola. Cioè, capiamoci. Questi sono innamorati della stessa ragazza, hanno combattuto esseri sovrannaturali, si sono salvati la vita l'un l'altro e... Neanche un ciao? Ma sul serio? Mah!
3. Joyce. Nel senso che - e in questa stagione è più evidente che mai - ha solo un figlio ed è Will. Jonathan è uno che casualmente vive a casa sua, è già tanto se se ne ricorda il nome.
4. Il fatto che Dustin e Lucas si innamorino della stessa ragazza. Non potete essere così cattivi, gente. Loro sono troppo puri e non se lo meritano:'(
5. In generale è meno originale della prima stagione.

Detto questo, adesso passiamo alle cose belle, e sono tante!
Per prima cosa, Undici.
Undi è la protagonista per eccellenza della seconda stagione e riprende con perizia la caratterizzazione iniziata nella prima. Ciò che amo di lei è il suo essere al limite. È una ragazzina dai poteri incredibili, cresciuta in un laboratorio e continuo oggetto di esperimenti, senza una briciola d'amore. Nel momento in cui si libera, gioca sul filo dell'instabilità. In questa stagione dovrà imparare a fare una distinzione fra giusto e sbagliato, a separare la vendetta dalla giustizia, a capire chi vuole essere. Posso solo dire che la sua scelta mi ha resa davvero orgogliosa e che è la prova di come il personaggio sia cresciuto. Ho amato il suo rapporto con Hopper, che rimane uno dei personaggi migliori della serie, così come l'ho adorata con Mike*-*
Credo che sia un'attrice molto brava ed è riuscita a interpretare bene un personaggio non certo facile e in continua crescita. Il finale con lei è stato pazzesco, sprizzava epicness da tutte le parti e io stavo morendo per i troppi feels *ha un attacco di convulsioni.
Ma in generale tutti i bimbi sono stati meravigliosi, anche se Dustin si distingue sempre per patatosità.

Un attimo di silenzio per il sorriso più tenero della tv*-*

Abbiamo qui una new entry, la rossa Max. Un'altra figura femminile, molto diversa da Undi ma ancora non ben indagata. Max è una ribelle, un vero maschiaccio che si farà incantare subito dal mondo segreto dei nostri nerd preferiti.
Per quanto riguarda gli adulti, abbiamo anche qui un nuovo personaggio: Bob, il nuovo compagno di Joyce, un uomo dolce e tenero a cui voler bene viene naturale, un eroe un po' diverso dal solito ma non per questo meno importante. Siamo tutti concordi che Bob è solo da amare, vero?
Il rapporto Joyce - Hopper continua sui binari della prima stagione: sono amici e si vogliono un sacco di bene e mi piacerebbe che il loro rapporto rimanesse sui toni dell'amicizia, ma tanto lo sappiamo tutti che sono destinati a mettersi insieme (WHY???).
In generale, Stranger things è uno strepitoso mix di musiche e ritmo. Finito un episodio ne vuoi vedere un altro, in un circolo vizioso che ti porta con le occhiaie violacee e un senso di vuoto al pensiero che manca un anno - UN ANNO! - alla terza stagione. Non si è mai stanchi, anche nei momenti in cui ero meno convinta dalla direzione presa non riuscivo a staccarmi. Gli ultimi episodi, poi, sono stati un tripudio di feels, in particolare la fine dell'ultimo, un momento bellissimo e una conclusione molto più emozionante di quella - un po' tirata via - della prima stagione. Il fatto è che, a mio parere, questa seconda stagione chiude un ciclo e con la terza se ne aprirà un altro. Per questo ci voleva un finale un po' più soddisfacente e "definitivo". Godiamocelo, perchè fra un anno ho idea che verranno di nuovo rimescolate tutte le carte e piangeremo tutte le nostre lacrime.
Che devo dirvi, anche se con un inizio un po' traballante sono di nuovo innamoratissima di questa serie e già mi mancano i personaggi e le atmosfere. La terza stagione non arriverà mai troppo presto*-*

Virginia