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lunedì 3 ottobre 2016

Recensione: La vera storia del pirata Long John Silver

Titolo: La vera storia del pirata Long John Silver
Autore: Bjorn Larsson
Traduttore: Katia De Marco
Casa editrice: Iperborea
Numero di pagine: 489
Formato: Cartaceo



Ci sono libri che danno pura gioia, facendo vibrare dentro di noi tutte le corde del nostro amore per la lettura: il racconto trascinante unito a temi che ci toccano nel profondo, la suspense e l’avventura e un sottile gioco letterario che stimola la nostra complicità, una documentata ricostruzione storica e il fascino di personaggi più grandi del reale, nati già immortali. È quel che capita con il romanzo di Björn Larsson: ci ritroviamo adulti a leggere una storia di pirati con lo stesso gusto dell’infanzia, riscoprendo quella capacità di sognare che ci davano i porti affollati di vascelli, le taverne fumose, i tesori, gli arrembaggi, le tempeste improvvise e le insidie delle bonacce, come anche il semplice incanto del mare e la sfida libertaria di ribelli contro il cinismo dei potenti. In più con la sorpresa di vederci restituito, in tutta la sua ambigua attrazione e vitalità, uno dei personaggi che davano a quell’infanzia l’emozione della paura: chi racconta in prima persona è Long John Silver, il temibile pirata con una gamba sola dell’Isola del Tesoro, fatto sparire da Stevenson nel nulla per riapparirci ora vivo e ricco nel 1742 in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. E non è solo a quell’“e poi?” che ci veniva sempre da chiedere alla fine delle storie che risponde Larsson, è al prima, al durante, al dietro: com’era il mondo all’epoca della pirateria, i legami con il commercio ufficiale, la tratta degli schiavi, il contrabbando, le atroci condizioni dei marinai, i soprusi dei capitani, il codice egualitario dei pirati, le loro efferatezze e quelle contro cui si ribellavano, le motivazioni e le ingenuità dei grandi “gentiluomini di ventura”. Ma è a un personaggio letterario che è affidato il compito di rivelare la “verità”, un personaggio cosciente di esistere solo nelle parole, che dialoga in un pub di Londra con Defoe fornendogli notizie per la sua storia della pirateria, che risponde a Jim Hawkins dopo aver letto L’Isola del Tesoro, e che, in quel continuo gioco di rimandi, indaga sul rapporto tra realtà e invenzione, sete di vivere e bisogno di immortalità, solitudine e libertà, con la consapevolezza che non esiste altra vera vita di quella che raccontiamo a noi stessi.

La prima cosa che attira l'occhio è l'edizione. Non so in quanti di voi abbiano presente le edizioni Iperborea o in quanti vi abbiano fatto caso in libreria: sono libri che colpiscono, perchè sono alti e stretti e presentano sempre, sul dorso, nomi nordici e impossibili da pronunciare. A questo aggiungerei il senso del tatto: volumetti spessi e compatti, con una sovraccoperta un po' ruvida.
Si, mi sono innamorata.
Buon lunedì, lettori e commentatori del Labirinto, oggi vi accolgo con la recensione di un libro speciale, che mi è piaciuto moltissimo. La mia segreta speranza è convincervi a fare un piccolo investimento e a farvi rubare a vostra volta il cuore da questo libro bellissimo.

Credo che tutti conosciate Long John Silver, anche solo per sentito dire. Silver è l'antagonista de L'isola del tesoro di Stevenson, il famigerato pirata con una gamba di legno che fronteggia Jim Hawkins nella sua caccia al tesoro di Flint. Parliamo dunque di un personaggio di fantasia che acquista, grazie alla abile penna di Larsson, una sua voce, una sua tridimensionalità e, letteralmente, buca la pagina, fino a sfiorare il piano del reale. E così le vicende di John Silver non si mescolano solo a quelle di Jim Hawkins e di altri personaggi di fantasia, ma fa i conti niente di meno che con Daniel Defoe, il celebre scrittore del Robinson Crusoe, e con altri personaggi minori di cui Larsson ci assicura l'esistenza. In questo romanzo, dunque, vengono a mescolarsi il piano della realtà con quello dell'invenzione, finchè il lettore non è talmente avvinto da dimenticarsi di ogni dubbio, troppo preso a seguire le avventure di questo meraviglioso, inafferrabile Silver.
Long John Silver è vecchio. I suoi ultimi giorni sono spesi tra le ricchezze e gli agi, circondato dagli ex schiavi che gli devono la libertà e lo rispettano. Si è guadagnato ogni cosa (con l'ingegno e le sofferenze se non proprio con l'onesto lavoro), eppure è inquieto. Sente che la morte si avvicina, che 
la vecchiaia lo divora. Avverte il bisogno di rivivere la sua vita, di metterla in prospettiva e darle un senso, per convincersi di essere vissuto sul serio. Comincia così la sua ultima grande impresa: a spizzichi e bocconi, fra continui salti temporali e piccole digressioni, ci racconta della sua vita, tutta plasmata su un unico desiderio: la libertà.

"E' curioso, eppure è vero, che ogni oceano ha il suo colore, le sue sfumature, diverse e particolari, di blu, verde e grigio, che si mescolano con il variare delle correnti, dei venti, delle tempeste di sabbia, dell'inclinazione del sole, delle nuvole e della temperatura, in quell'insieme caratteristico di ciascun mare. Era anche per vedere e scoprire cose come queste, che ero vissuto. Si finisce facilmente a dimenticarlo, in vite come la mia. Chi l'avrebbe creduto che in tutto quello scompiglio ci fosse posto anche per la bellezza? Eppure ho avuto le mie pietre preziose e tutte quelle ore che ho passato appoggiato alla murata a non far altro che guardare il mare. Ho visto il sole tramontare in un mare di fuoco liquido e sorgere come una sfera di rame incandescente. Ho visto la luna far risplendere i veli del cielo notturno come fuochi fatui e rispecchiarsi nel lento respiro delle onde. Ho visto il mare così liscio e l'aria così trasparente che la volta stellata sembrava sdoppiarsi al punto che non si capiva più qual era il sotto e quale il sopra, e pareva di veleggiare dentro a un globo splendente di luci. Ho visto cieli e nubi che un artista avrebbe impiegato un'esistenza intera a cercare di riprodurre. Si, la mia vita è fatta anche di queste cose, e anche solo per queste valeva la pena di vivere, nonostante siano impresse nella memoria meno di altre.
Ma ora tutto è finito."

Che rapporto ambiguo, quello di Silver - o dell'uomo in generale - e il mare. Simbolo di oppressione e libertà, di vita e di morte, esercita su di noi il fascino dell'incomprensibile e riesce ancora ad incantare chiunque riesca a chiudere fuori ogni altro suono oltre alla risacca delle onde, a chi senta l'odore salmastro dell'acqua che si mescola con quello della pelle calda di sole. Davanti al mare non esiste che un senso di selvaggio, primordiale senso di libertà, e di infinito.
Questo rincorre Silver, attraverso tutto il globo, nella buona e nella cattiva sorte: questo momentaneo senso di felicità e il breve acquietarsi dell'animo. Questo rimpiange, ormai vecchio e rassegnato (ma debole, o stanco, mai).
Uno dei grandi meriti di Larsson, a mio parere, è stato quello di non ingabbiare Silver in una rete di buonismi o luoghi comuni. Il personaggio che ci presenta è a tutto tondo e non ha perso quel tratto quasi non umano che lo caratterizza. Nonostante tutto, non potremo mai capirlo fino in fondo, ed è qui il suo fascino. Silver non è buono o cattivo, giusto o ingiusto: semplicemente è, una volta uno e una volta l'altro, mutevole come il mare cui si è votato.
Accanto a lui, vari personaggi spiccano ma non riescono mai a oscurarlo. Fra tutti, in quell'impasto di vero e falso, a colpirmi è stata Dolores, bellissima e fiera, pericolosa e insondabile, come una fiera selvatica, che si lascia avvicinare ma mai accarezzare, che un attimo prima è immobile e quello dopo è scomparsa. Perfetto completamento di Silver, viviamo una storia di personalità troppo forti per cedere il passo e di un amore che è libertà e non possesso, comprensione senza parole.
Alla geniale scelta narrativa di mescolare i piani della realtà e della finzione e ai personaggi indimenticabili, troviamo uno stile duttile ma semplice, che riesce ad essere poetico e crudo, lieve e grave senza porsi problemi. Larsson tocca vari argomenti e fa un'accurata analisi, in un romanzo d'avventura, della vita di mare dell'epoca, non risparmiandoci gli orrori accanto alle meraviglie. Vediamo così la tratta degli schiavi e il trattamento riservato ai marinai; ma sperimentiamo anche la libertà e l'indipendenza.
Ci sarebbero altri discorsi da fare su questo romanzo, che magari non sarà mai studiato a scuola o ricordato come uno dei capolavori della letteratura ma che ha tutto quello che un libro dovrebbe avere, dà tutto quello che un libro dovrebbe dare. Evito di dilungarmi ulteriormente, perchè già mi sono dilungata abbastanza. Solo, vi consiglio moltissimo di leggerlo, perchè è uno di quei romanzi che lento si insinua dentro e, una volta chiuso, lascia con la nostalgia di quei personaggi, con la malinconia di chi ha perso un amico.

Virginia

mercoledì 28 settembre 2016

W... W... W... Wednesday#9

Immagine trovata su Google e NON creata da me

Bentornati sul blog, carissimi! Eccomi qui, anche questa settimana, per festeggiare un nuovo mercoledì con un nuovo WWW, rubrica ideata dal blog Should Be Reading!
Nonostante il moltiplicarsi dei miei impegni, continuo a leggere e a comprare libri con un buon ritmo, ma non sono mai in pari e ogni volta vengo letteralmente sommersa da nuove pubblicazioni (*me fa finta di piangere *me in realtà è felice, perchè così può inventarsi nuove scuse per sperperare i suoi soldi).
Anyway.
Come attestazione dei miei sforzi, eccovi l'aggiornamento delle mie letture! Ma ovviamente mi piacerebbe che partecipaste anche voi! Lasciatemi nei commenti i link ai vostri blog oppure scrivete direttamente lì, rispondendo a queste tre domandine:

What are you currently reading? (Cosa stai leggendo?)

What did you recently finish reading? (Quale libro hai appena finito di leggere?)

What do you think you'll read next? (Qual è il prossimo libro che pensi di leggere?)

Quindi, voi fatemi sapere e intanto eccovi le mie risposte:)

WHAT ARE YOU CURRENTLY READING?


Ci sono libri che danno pura gioia, facendo vibrare dentro di noi tutte le corde del nostro amore per la lettura: il racconto trascinante unito a temi che ci toccano nel profondo, la suspense e l’avventura e un sottile gioco letterario che stimola la nostra complicità, una documentata ricostruzione storica e il fascino di personaggi più grandi del reale, nati già immortali. È quel che capita con il romanzo di Björn Larsson: ci ritroviamo adulti a leggere una storia di pirati con lo stesso gusto dell’infanzia, riscoprendo quella capacità di sognare che ci davano i porti affollati di vascelli, le taverne fumose, i tesori, gli arrembaggi, le tempeste improvvise e le insidie delle bonacce, come anche il semplice incanto del mare e la sfida libertaria di ribelli contro il cinismo dei potenti. In più con la sorpresa di vederci restituito, in tutta la sua ambigua attrazione e vitalità, uno dei personaggi che davano a quell’infanzia l’emozione della paura: chi racconta in prima persona è Long John Silver, il temibile pirata con una gamba sola dell’Isola del Tesoro, fatto sparire da Stevenson nel nulla per riapparirci ora vivo e ricco nel 1742 in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. E non è solo a quell’“e poi?” che ci veniva sempre da chiedere alla fine delle storie che risponde Larsson, è al prima, al durante, al dietro: com’era il mondo all’epoca della pirateria, i legami con il commercio ufficiale, la tratta degli schiavi, il contrabbando, le atroci condizioni dei marinai, i soprusi dei capitani, il codice egualitario dei pirati, le loro efferatezze e quelle contro cui si ribellavano, le motivazioni e le ingenuità dei grandi “gentiluomini di ventura”. Ma è a un personaggio letterario che è affidato il compito di rivelare la “verità”, un personaggio cosciente di esistere solo nelle parole, che dialoga in un pub di Londra con Defoe fornendogli notizie per la sua storia della pirateria, che risponde a Jim Hawkins dopo aver letto L’Isola del Tesoro, e che, in quel continuo gioco di rimandi, indaga sul rapporto tra realtà e invenzione, sete di vivere e bisogno di immortalità, solitudine e libertà, con la consapevolezza che non esiste altra vera vita di quella che raccontiamo a noi stessi.

Nonostante io sia una bruttissima persona che compra libri senza prima aver letto quelli che fanno già la muffa in casa, questa volta il senso di colpa si è fatto sentire. E così, anche se non riesco a mettere una toppa sulle mie mani bucate, almeno sto leggendo i libri acquistati (la proporzione è 10 a 1, fate voi...). Sono a metà del libro di Larsson e devo dire che è davvero gradevole. Spero di riuscire a postarne una recensione, ma in ogni caso mi sta piacendo, pur senza avermi cambiato la vita:)

WHAT DID YOU RECENTLY FINISH READING?


In un angolo del continente nordamericano c’è Crosby, nel Maine: un luogo senza importanza che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo della Strout, diviene lo specchio di un mondo più ampio. Perché in questo piccolo villaggio affacciato sull’Oceano Atlantico c’è una donna che regge i fili delle storie, e delle vite, di tutti i suoi concittadini. È Olive Kitteridge, un’insegnante in pensione che, con implacabile intelligenza critica, osserva i segni del tempo moltiplicarsi intorno a lei, tanto che poco o nulla le sfugge dell’animo di chi le sta accanto: un vecchio studente che ha smarrito il desiderio di vivere; Christopher, il figlio, tirannizzato dalla sua sensibilità spietata; un marito, Henry, che nella sua stessa fedeltà al matrimonio scopre una benedizione, e una croce. E ancora, le due sorelle Julie e Winnie: la prima, abbandonata sull’altare ma non rassegnata a una vita di rinuncia, sul punto di fuggire ricorderà le parole illuminanti della sua ex insegnante: «Non abbiate paura della vostra fame. Se ne avrete paura, sarete soltanto degli sciocchi qualsiasi». 
Con dolore, e con disarmante onestà, in Olive Kitteridge si accampano i vari accenti e declinazioni della condizione umana – e i conflitti necessari per fronteggiarli entrambi. E il fragile, sottile miracolo di un’altissima pagina di storia della letteratura, regalataci da una delle protagoniste della narrativa americana contemporanea, vincitrice, grazie a questo “romanzo in racconti”, del Premio Pulitzer 2009.

Venerdì ho finito il libro della Strout e venerdì - a una settimana esatta di distanza - dovrebbe comparire magicamente sui vostri schermi la mia recensione. Non è lunghissima perchè l'ho scritta con gli occhi tirati su con gli stuzzicadenti, ma spero di non aver scritto troppe boiate (o almeno di aver coniugato a dovere i congiuntivi. In caso contrario, lapidatemi). In sostanza, stay tuned;)


Francisca Lopez è un angelo nero impossibile da conquistare: nel suo passato c’è dolore, violenza subìta e inflitta, c’è la delinquenza e c’è il carcere. E c’è un solo uomo, Marcus. Con lui ha condiviso la parte più oscura di sé.
Ma ora Marcus se n’è andato, ha scelto di seguire Penny, la dolce ragazza dalle ciocche pastello per la quale ha deciso di cambiare vita, e Francisca deve costruirsi una nuova identità.
Per farlo, sceglie Amherst, la città di Emily Dickinson, perché la poesia è stata la sua segreta ancora di salvezza. Se poi all’università il corso di poesia contemporanea è tenuto da Byron Lord, un professore giovane, seducente e con un nome decisamente profetico, affascinato dai suoi “occhi di petrolio”, la vita di Francisca può davvero sperare in una svolta.
Tra i due nasce uno strano e delicato rapporto: una tenera alchimia d’amore che rischia a ogni momento di essere spazzata via dai segreti di entrambi e dalle tante fragilità di Francisca. Una storia destinata a incrociarsi con la nuova vita dell’indimenticato Marcus e della rivale Penny, in un finale dolcemente inaspettato.
Il sequel di Tentare di non amarti ci racconta una nuova vicenda di amore e riscatto: un viaggio profondo e toccante nell’animo inquieto dei suoi protagonisti così diversi... così uguali.

Be', ho mantenuto la promessa. Avevo detto che lo avrei letto nel weekend e nel weekend l'ho letto. Sono fiera di me stessa.
Non credo ci sarà una recensione per l'ultima fatica di Amabile Giusti. Il libro mi è piaciuto (un po' di romanticismo non fa schifo neanche a me, nonostante la mia anima nera), anche se non è stato all'altezza del primo. In ogni caso, una lettura perfetta per sognare e qualche sospiro, nella speranza che un giorno un Byron si innamori davvero di me*-*

WHAT DO YOU THINK YOU'LL READ NEXT?

Ecco, qua iniziano le note dolenti. Un sacco di libri mi chiamano e non so ancora a quale risponderò. Diciamo che vi farò una sorpresaxD

E con questo è tutto, cari lettori. Fatemi sapere com'è andata la vostra settimana, mi raccomando:)

Virginia



sabato 17 settembre 2016

Book Haul di compleanno



Carissimi lettori del blog, dovete sapere che uno dei post (o dei video) che amo di più ha per oggetto i Book Haul. Si, lo confesso, provo un sottile piacere misto a dolore (50 sfumature mi fa un baffo) nel contemplare tutti i vostri acquisti e nel veder aumentare vertiginosamente la mia wl senza muovermi da casa.
Questa volta, però, il Book Haul è il MIO.
Ebbene si. Dovete sapere che l'8 settembre cade il mio compleanno e, da non so quanti anni a questa parte, ho finalmente ricevuto LIBRI. Fra l'altro, sottolineo che sono stati pilotati, perchè ho fornito io la lista da cui scegliere per essere almeno un briciolo sorpresa, ma dettagli. Quel che conta è che ho cominciato a livellare (illusa!) la mia wl, ricevendo in dono dei libri meravigliosi, bellissimi e bla, bla, bla.
Ma iniziamo subito, perchè non sto nella pelle dall'idea di condividere con voi le new entry della mia libreria!

Non poteva assolutamente mancare l'ultima pubblicazione Collins targata Fazi Editore. Dovete sapere che ho scoperto di amare follemente Wilkie Collins e i suoi romanzi mattone di mistero, amore, intrighi, tradimenti e indagini poliziesche. Si, è un mio guilty pleasure, e la Fazi non mi aiuta sicuramente, con queste cover bellissime ed eleganti. Lo ammetto: preferisco spendere di più e accaparrarmi l'edizione Fazi che non risparmiare e comprare la Newton Compton.
Sorry not sorryxD

La pietra di Luna, prezioso e antico diamante giallo originario dell’India, dopo una serie di avventurose vicissitudini sopportate nel corso dei secoli, giunge in Inghilterra e viene donata a una giovane nobildonna di nome Rachel Verinder nel giorno del suo diciottesimo compleanno. Il gioiello, di valore inestimabile, scompare in circostanze misteriose quella notte stessa e un famoso investigatore, il sergente Cuff, viene incaricato di ritrovarlo. L’indagine, per quanto accurata, non porta ad alcun risultato e causa, anzi, sgomento e confusione sia tra i membri della famiglia Verinder che nella servitù. Il romanzo, in cui tutti i personaggi sono apparentemente innocenti ma allo stesso tempo possibili colpevoli, si sviluppa seguendo le sorti della pietra di Luna, in un groviglio di eventi drammatici raccontati, di volta in volta, dai diversi protagonisti.
A fare da sfondo a questo giallo così magistralmente costruito c’è una romantica storia d’amore che, insieme alla suspense e alla curiosità, tiene il lettore avidamente inchiodato al libro dalla prima all’ultima pagina. Unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi capolavori di Wilkie Collins, La pietra di Luna, alla sua uscita nel 1868, consacrò il clamoroso successo dell’autore e riuscì addirittura a destare l’invidia di Charles Dickens, suo grande amico e maestro.
«Probabilmente il miglior romanzo poliziesco mai scritto».
G.K. Chesterton
«Il primo e il più grande romanzo poliziesco inglese, un genere scoperto da Collins, non da Poe».
T.S. Eliot
«Un testo esemplare. Un romanzo ragguardevole, avvincente, opportunamente fluviale e, insieme, un libro-simbolo del noir».
«Panorama»
«L’impero, la grande tradizione letteraria, l’immobilità sociale, l’ironia e il patetico, l’ordine e la trasgressione. C’è molta Inghilterra vittoriana in questo poliziesco. Il pubblico, e Dickens, lo capirono».
«Il Sole 24 Ore»


Dovete sapere che quest'inverno mi sono follemente innamorata di John Steinbeck. Di suo ho letto, per ora, solo Furore e La valle dell'Eden (uno più bello dell'altro, capolavori assoluti), ma poi mi sono fermata. Ho dunque inserito in lista un altro suo romanzo (racconto lungo, più che altro) estremamente famoso, che mi incuriosisce da tempo. Spero che sia all'altezza degli altri due, ma sarebbe ingiusto paragonare un racconto di poco più di 100 pagine con due mattoni di 600 e passa.

Pensato per un pubblico - i braccianti della California - che non sapeva né leggere né scrivere, "Uomini e topi" (1937) è un breve romanzo, ricco di dialoghi, che, nelle intenzioni di Steinbeck, avrebbe dovuto essere in seguito adattato, come difatti avvenne, per il teatro e per il cinema. Protagonisti, due lavoratori stagionali, George Milton, e l'inseparabile Lennie Little, un gigante con il cuore e la mente di un bambino, che il destino e la malizia degli uomini sospingono verso una fine straziante. Il ritratto di un'America stretta dalla sua peggiore crisi economica nella drammatica rappresentazione di un maestro.




Dopo La Storia, non potevo certo fermarmi con Elsa Morante:) Ero un po' indecisa se chiedere questo o Menzogna e sortilegio, ma dopo la bellissima recensione di Athenae Noctua de L'isola di Arturo ho deciso che il prossimo titolo doveva essere questo:)

Il romanzo è un'esplorazione attenta della prima realtà verso le sorgenti non inquinate della vita. L'isola nativa rappresenta una felice reclusione originaria e, insieme, la tentazione delle terre ignote. L'isola, dunque, è il punto di una scelta e a tale scelta finale, attraverso le varie prove necessarie, si prepara qui, nella sua isola, l'eroe ragazzo-Arturo. È una scelta rischiosa perché non si dà uscita dall'isola senza la traversata del mare materno; come dire il passaggio dalla preistoria infantile verso la storia e la coscienza.


Questo libro ha una storia strana. Lo avevo adocchiato in libreria più di un anno fa, però costava troppo. Un giorno decisi di comprarlo: all'uscita dal corso lo avrei preso. Quel pomeriggio, però, uscii con un'amica e con quei soldi mi comprai un vestito.
A dimostrazione che un vestito si dimentica ma un libro è per sempre, il vestito lo indossai una volta e il libro non comprato mi rimase sul gozzo, fino ad ora. Sono impaziente di leggerlo e spero proprio che sia all'altezza delle mie aspettative (fra l'altro, è il mio primo Iperborea*-*).

Ci sono libri che danno pura gioia, facendo vibrare dentro di noi tutte le corde del nostro amore per la lettura: il racconto trascinante unito a temi che ci toccano nel profondo, la suspense e l’avventura e un sottile gioco letterario che stimola la nostra complicità, una documentata ricostruzione storica e il fascino di personaggi più grandi del reale, nati già immortali. È quel che capita con il romanzo di Björn Larsson: ci ritroviamo adulti a leggere una storia di pirati con lo stesso gusto dell’infanzia, riscoprendo quella capacità di sognare che ci davano i porti affollati di vascelli, le taverne fumose, i tesori, gli arrembaggi, le tempeste improvvise e le insidie delle bonacce, come anche il semplice incanto del mare e la sfida libertaria di ribelli contro il cinismo dei potenti. In più con la sorpresa di vederci restituito, in tutta la sua ambigua attrazione e vitalità, uno dei personaggi che davano a quell’infanzia l’emozione della paura: chi racconta in prima persona è Long John Silver, il temibile pirata con una gamba sola dell’Isola del Tesoro, fatto sparire da Stevenson nel nulla per riapparirci ora vivo e ricco nel 1742 in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. E non è solo a quell’“e poi?” che ci veniva sempre da chiedere alla fine delle storie che risponde Larsson, è al prima, al durante, al dietro: com’era il mondo all’epoca della pirateria, i legami con il commercio ufficiale, la tratta degli schiavi, il contrabbando, le atroci condizioni dei marinai, i soprusi dei capitani, il codice egualitario dei pirati, le loro efferatezze e quelle contro cui si ribellavano, le motivazioni e le ingenuità dei grandi “gentiluomini di ventura”. Ma è a un personaggio letterario che è affidato il compito di rivelare la “verità”, un personaggio cosciente di esistere solo nelle parole, che dialoga in un pub di Londra con Defoe fornendogli notizie per la sua storia della pirateria, che risponde a Jim Hawkins dopo aver letto L’Isola del Tesoro, e che, in quel continuo gioco di rimandi, indaga sul rapporto tra realtà e invenzione, sete di vivere e bisogno di immortalità, solitudine e libertà, con la consapevolezza che non esiste altra vera vita di quella che raccontiamo a noi stessi.




E infine, il meglio (per modo di dire, perchè io li amo tutti, tutti*-*). 
Ho letto questa trilogia quest'inverno e l'ho amata. Profondamente, visceralmente, intensamente. L'ho amata così tanto che, quando l'ho chiusa, ho sentito un vuoto, così tanto che la didascalia del blog (My spirit is forever free) viene da qui, così tanto che ho rotto le balle a mia sorella finchè non l'ha letta, nonostante sia in inglese. 
Insomma, ho amato questi libri. Tantissimo. 
Mia sorella mi ha fatto una sorpresa e mi ha regalato il cartaceo dell'intera trilogia.
Non potete capire cosa questo significhi per me. Io amo questi libri, li farei leggere a tutti, e amo questa scrittrice. Avere la trilogia in cartaceo è meraviglioso e sto ancora fangirlando.

Its name is spoken only in whispers, if the people of Alban dare to speak it at all: Shadowfell. The training ground for rebels seeking to free their land from the rule of the tyrannical king is so shrouded in mystery that most believe it to be a myth.
But for Neryn, Shadowfell’s existence is her only hope. She is alone and penniless, a fugitive concealing a magical power that will warrant her immediate enslavement should it be revealed. She finds hope of allies in the Good Folk, fey beings who taunt her with chatter of prophecies and tests; and in a mysterious stranger who saves her from certain death but whose motives remain unclear.
Will Neryn be forced to make the dangerous journey alone? She must reach Shadowfell, not only to avenge her family and salvage her own life, but to rescue Alban itself.

Questi sono i libri, anche se manca il regalo dei miei nonni. Ma per quello, quando lo avrò, vi piazzerò una bella foto su InstagramxD
Bene bene, questo per ora è tutto! Ci risentiamo:-*

Virginia