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Titolo: La vera storia del pirata Long John Silver Autore: Bjorn Larsson Traduttore: Katia De Marco Casa editrice: Iperborea Numero di pagine: 489 Formato: Cartaceo |
La prima cosa che attira l'occhio è l'edizione. Non so in quanti di voi abbiano presente le edizioni Iperborea o in quanti vi abbiano fatto caso in libreria: sono libri che colpiscono, perchè sono alti e stretti e presentano sempre, sul dorso, nomi nordici e impossibili da pronunciare. A questo aggiungerei il senso del tatto: volumetti spessi e compatti, con una sovraccoperta un po' ruvida.
Si, mi sono innamorata.
Buon lunedì, lettori e commentatori del Labirinto, oggi vi accolgo con la recensione di un libro speciale, che mi è piaciuto moltissimo. La mia segreta speranza è convincervi a fare un piccolo investimento e a farvi rubare a vostra volta il cuore da questo libro bellissimo.
Credo che tutti conosciate Long John Silver, anche solo per sentito dire. Silver è l'antagonista de L'isola del tesoro di Stevenson, il famigerato pirata con una gamba di legno che fronteggia Jim Hawkins nella sua caccia al tesoro di Flint. Parliamo dunque di un personaggio di fantasia che acquista, grazie alla abile penna di Larsson, una sua voce, una sua tridimensionalità e, letteralmente, buca la pagina, fino a sfiorare il piano del reale. E così le vicende di John Silver non si mescolano solo a quelle di Jim Hawkins e di altri personaggi di fantasia, ma fa i conti niente di meno che con Daniel Defoe, il celebre scrittore del Robinson Crusoe, e con altri personaggi minori di cui Larsson ci assicura l'esistenza. In questo romanzo, dunque, vengono a mescolarsi il piano della realtà con quello dell'invenzione, finchè il lettore non è talmente avvinto da dimenticarsi di ogni dubbio, troppo preso a seguire le avventure di questo meraviglioso, inafferrabile Silver.
Long John Silver è vecchio. I suoi ultimi giorni sono spesi tra le ricchezze e gli agi, circondato dagli ex schiavi che gli devono la libertà e lo rispettano. Si è guadagnato ogni cosa (con l'ingegno e le sofferenze se non proprio con l'onesto lavoro), eppure è inquieto. Sente che la morte si avvicina, che
la vecchiaia lo divora. Avverte il bisogno di rivivere la sua vita, di metterla in prospettiva e darle un senso, per convincersi di essere vissuto sul serio. Comincia così la sua ultima grande impresa: a spizzichi e bocconi, fra continui salti temporali e piccole digressioni, ci racconta della sua vita, tutta plasmata su un unico desiderio: la libertà.
"E' curioso, eppure è vero, che ogni oceano ha il suo colore, le sue sfumature, diverse e particolari, di blu, verde e grigio, che si mescolano con il variare delle correnti, dei venti, delle tempeste di sabbia, dell'inclinazione del sole, delle nuvole e della temperatura, in quell'insieme caratteristico di ciascun mare. Era anche per vedere e scoprire cose come queste, che ero vissuto. Si finisce facilmente a dimenticarlo, in vite come la mia. Chi l'avrebbe creduto che in tutto quello scompiglio ci fosse posto anche per la bellezza? Eppure ho avuto le mie pietre preziose e tutte quelle ore che ho passato appoggiato alla murata a non far altro che guardare il mare. Ho visto il sole tramontare in un mare di fuoco liquido e sorgere come una sfera di rame incandescente. Ho visto la luna far risplendere i veli del cielo notturno come fuochi fatui e rispecchiarsi nel lento respiro delle onde. Ho visto il mare così liscio e l'aria così trasparente che la volta stellata sembrava sdoppiarsi al punto che non si capiva più qual era il sotto e quale il sopra, e pareva di veleggiare dentro a un globo splendente di luci. Ho visto cieli e nubi che un artista avrebbe impiegato un'esistenza intera a cercare di riprodurre. Si, la mia vita è fatta anche di queste cose, e anche solo per queste valeva la pena di vivere, nonostante siano impresse nella memoria meno di altre.
Ma ora tutto è finito."
Che rapporto ambiguo, quello di Silver - o dell'uomo in generale - e il mare. Simbolo di oppressione e libertà, di vita e di morte, esercita su di noi il fascino dell'incomprensibile e riesce ancora ad incantare chiunque riesca a chiudere fuori ogni altro suono oltre alla risacca delle onde, a chi senta l'odore salmastro dell'acqua che si mescola con quello della pelle calda di sole. Davanti al mare non esiste che un senso di selvaggio, primordiale senso di libertà, e di infinito.
Questo rincorre Silver, attraverso tutto il globo, nella buona e nella cattiva sorte: questo momentaneo senso di felicità e il breve acquietarsi dell'animo. Questo rimpiange, ormai vecchio e rassegnato (ma debole, o stanco, mai).
Uno dei grandi meriti di Larsson, a mio parere, è stato quello di non ingabbiare Silver in una rete di buonismi o luoghi comuni. Il personaggio che ci presenta è a tutto tondo e non ha perso quel tratto quasi non umano che lo caratterizza. Nonostante tutto, non potremo mai capirlo fino in fondo, ed è qui il suo fascino. Silver non è buono o cattivo, giusto o ingiusto: semplicemente è, una volta uno e una volta l'altro, mutevole come il mare cui si è votato.
Accanto a lui, vari personaggi spiccano ma non riescono mai a oscurarlo. Fra tutti, in quell'impasto di vero e falso, a colpirmi è stata Dolores, bellissima e fiera, pericolosa e insondabile, come una fiera selvatica, che si lascia avvicinare ma mai accarezzare, che un attimo prima è immobile e quello dopo è scomparsa. Perfetto completamento di Silver, viviamo una storia di personalità troppo forti per cedere il passo e di un amore che è libertà e non possesso, comprensione senza parole.
Alla geniale scelta narrativa di mescolare i piani della realtà e della finzione e ai personaggi indimenticabili, troviamo uno stile duttile ma semplice, che riesce ad essere poetico e crudo, lieve e grave senza porsi problemi. Larsson tocca vari argomenti e fa un'accurata analisi, in un romanzo d'avventura, della vita di mare dell'epoca, non risparmiandoci gli orrori accanto alle meraviglie. Vediamo così la tratta degli schiavi e il trattamento riservato ai marinai; ma sperimentiamo anche la libertà e l'indipendenza.
Ci sarebbero altri discorsi da fare su questo romanzo, che magari non sarà mai studiato a scuola o ricordato come uno dei capolavori della letteratura ma che ha tutto quello che un libro dovrebbe avere, dà tutto quello che un libro dovrebbe dare. Evito di dilungarmi ulteriormente, perchè già mi sono dilungata abbastanza. Solo, vi consiglio moltissimo di leggerlo, perchè è uno di quei romanzi che lento si insinua dentro e, una volta chiuso, lascia con la nostalgia di quei personaggi, con la malinconia di chi ha perso un amico.
Virginia