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mercoledì 22 febbraio 2017

Recensione: Le due torri di J.R.R. Tolkien

Titolo: Le due torri
Autore: J.R.R. Tolkien
Traduttore: Vicky Alliata di Villafranca
Casa editrice: Bompiani
Numero di pagine: 300
Formato: Cartaceo

In questo secondo romanzo della trilogia di Tolkien, gli amici della Compagnia dell'Anello lottano separati. Merry e Pipino sono fatti prigionieri dalle forze del Male, ma riescono a fuggire e trovano soccorso in uno strano mondo di esseri giganteschi, mezzo vegetali e mezzo umani. Aragorn, un enigmatico personaggio che si era unito alla Compagnia all'inizio dell'impresa, stringe alleanza con i guerrieri di Rohan, un popolo fiero che per secoli ha resistito all'assalto delle tenebre. Frattanto Frodo e il devoto Sam si imbattono in Gollum, un viscido essere che era stato l'antico possessore dell'Anello, e lo costringono a condurli verso Monte Fato. Ma spaventose creature li attendono al varco e il loro cammino si interrompe tragicamente. Prefazione alla seconda edizione inglese di J. R. R. Tolkien.


Salve a tutti lettori e buongiorno:) L'ultimo mio articolo era all'insegna dell'ansia e della depressione più nera a causa di un esame imminente. Be', l'esame è andato (e anche molto bene), quindi il sole è tornato a splendere e l'ansia si è sciolta come neve al sole e io mi godo una piccola settimana di vacanza prima di buttarmi nuovamente nello studio (questa volta tocca a Storia Romana). Culmine della mia settimana sarà mercoledì sera, quando parteciperò a un evento davvero molto speciale e del quale non vedo l'ora di parlarvi qui sul blog, quindi restate collegati;)
Con il tempo finalmente libero dallo studio, ho potuto riprendere in mano Le due torri, temporaneamente abbandonato nei giorni immediatamente precedenti all'esame, e in brevissimo tempo l'ho terminato. Eccomi qui dunque a parlarvene, e questa volta ho davvero un bel po' di cose da dire, quindi preparatevi!


Con Le due torri Tolkien riprende la narrazione nel punto esatto in cui l'aveva interrotta: Aragorn, Legolas e Gimli accorrono in aiuto di Boromir; Pipino e Merry sono prigionieri degli orchi; Frodo e Sam proseguono da soli il viaggio verso Mordor.
Ancor più che per il primo libro, non posso non prendere in considerazione anche il film nel fare questa recensione. Innanzitutto perchè la trilogia cinematografica fa ormai parte in maniera indelebile dell'immaginario collettivo ed è diventata un unicum (almeno nel mio caso) con i libri; in secondo luogo perchè le differenze con il libro cominciano ad essere piuttosto pesanti, e spesso portano a male interpretare alcuni personaggi, se non delle tematiche stesse del romanzo.
Ma andiamo con ordine.
La prima differenza che mi ha molto infastidito, e che secondo me indica una interpretazione sbagliata del pensiero di Tolkien, potrebbe apparire una sciocchezza. Appena prima che scoppi la battaglia al Fosso di Helm, giunge in aiuto a Rohan una truppa di arcieri elfici inviati da Elrond. Nei film il tema dell'aiuto reciproco, del rinsaldarsi di antiche alleanze da tempo dimenticate è uno dei più importanti, uno dei fulcri dell'intera vicenda. 
Nel libro Elrond non manda alcun aiuto.
Potrebbe sembrare una differenza di poco conto, e in effetti lo è. Il punto è che, a mio parere, Tolkien ci manda in tutta la trilogia un messaggio ben preciso e questa modifica lo vanifica. Nella mia rilettura, infatti, ho improvvisamente realizzato che Il Signore degli Anelli è una storia sugli Uomini. Se le opere precedenti di Tolkien (Lo Hobbit, Il Silmarillion e i vari racconti) sono infatti piene di creature magiche e incantesimi, in quest'ultimo pezzo di storia di Arda tutto è ormai in decadenza: i Draghi sono tutti scomparsi, i Nani non si fanno ormai più vedere da tempo e gli Elfi stanno abbandonando queste sponde. Le uniche eccezioni sono gli Hobbit e gli Ent, ma di loro parlerò dopo.
Credo che questa scelta sia stata simbolica. Ormai la magia sta abbandonando la Terra di Mezzo, ciò che ne rimane sono solo vestigia di un passato favoloso e quasi dimenticato e gli Uomini, eredi della terra, devono battersi per essa contro il Male. Male a cui, lo ricordo, sono straordinariamente sensibili e vulnerabili. 
Come vi dicevo, Ent e Hobbit sono casi un po' particolari. 
Decidendo di rendere gli Hobbit protagonisti della storia - loro, così piccoli e comuni - Tolkien ci mostra come le imprese grandiose non siano appannaggio di soli uomini eccezionali, anzi. Come dice Sam nel corso del romanzo, infatti, gli eroi veri, quelli che vengono ricordati, non sono quelli che si buttano alla ricerca del pericolo ma quelli che vi si trovano coinvolti malgrado la loro volontà; e nonostante tutto vanno avanti, sapendo che è la cosa giusta da fare (questa scena, nel film, è davvero da gonfiare il cuore di commozione). Gli Hobbit, quindi, sono in realtà poi un lato dell'umanità, quello della quotidianità, delle piccole cose.
Con gli Ent il discorso è un po' diverso e si coinvolge un'altra delle tematiche più importanti del romanzo e, poi, dell'intera trilogia. Una delle opposizioni più forti della storia, infatti, è quella dell'industrializzazione (definiamola così) contro la natura. Lo scontro tra gli Ent e Saruman diventa il simbolo di questo scontro. Inutile dire che nella visione di Tolkien l'industrializzazione ha un carattere fortemente negativo: Saruman distrugge tutto ciò che è intorno alla sua torre, sfregia la terra creando pozzi, fa incroci abominevoli. Ma la forza della natura, si sa, è irrefrenabile, e nel romanzo è rappresentata dai millenari Ent.


Le altre due grandi differenze con il film, quelle che non mi sono piaciute, coinvolgono due personaggi.
Il primo è Faramir. La natura di questo personaggio viene totalmente stravolta nel film, dove cede (anche se solo temporaneamente) alla tentazione dell'Anello; nel libro, invece, non vacilla mai, in netta contrapposizione col fratello Boromir. È come se Faramir rappresentasse l'intelligenza e Boromir l'istinto, entrambi presenti nell'uomo e, forse, nodo centrale della sua lacerazione interiore. Tolkien ci mostra due reazioni diverse al Male e alla tentazione: se uno cede, l'altro resiste.
L'altro personaggio che viene letteralmente massacrato nel film è quello di Frodo. Io, da amante dei film, l'ho sempre ritenuto un personaggio insopportabile. Nel leggere i romanzi, Frodo è diventato uno dei miei personaggi preferiti. Nel libro Frodo è un personaggio del tutto particolare e che mi ha fatto fare tutta una serie di riflessioni, alcune anche abbastanza contrastanti fra di loro.
La prima, e la più immediata, è che Frodo mi ricorda un po' Gesù. Nel primo libro è solo uno Hobbit qualunque ma qui qualcosa è cambiato. Non è più il Frodo di prima e questo lo vede anche Sam. Più in generale, si potrebbe fare il parallelo in seguito a una considerazione: Gesù è venuto sulla Terra, secondo l'ideologia cristiana, si è fatto carico del peccato dell'umanità e lo ha espiato immolandosi. Frodo si addossa la responsabilità di portare l'Anello al Monte Fato (l'Anello che è emanazione stessa del Male). Nel farlo (SPOILER) Frodo morirà, e dentro di sè lo sa anche lui.
Ma altre mie riflessioni si sono intrecciate al personaggio di Frodo. Nelle Scritture ogni volta che ci si riferisce a Dio si usa la maiuscola (Dio, Suo figlio, eccetera). Questo formalismo viene ripreso da Tolkien, ma riferito a Sauron. Ora, sembra una stupidaggine, però ho anche riflettuto che Tolkien non era una persona qualunque ma un docente universitario, e fra l'altro di Oxford, dove insegnava filologia anglosassone. Il suo curriculum è piuttosto vasto, ma quello che voglio dire è che non credo che uno studioso di questa portata, un filologo per giunta, dunque uno studioso delle parole, possa utilizzarle a caso. Sono convinta, quindi, che la sua sia stata una scelta precisa, e anche piuttosto significativa. 
Sauron, dunque, viene in un qualche modo accomunato a Satana e a Dio. In ogni caso viene rivestito di una presenza talmente ingombrante da non trovare spazio sulla scena: come Dio e il Diavolo, Sauron è spesso nominato ma mai visto concretamente. Allo stesso tempo, mi sono resa conto che a un unico centro di potere malvagio (Sauron) non veniva contrapposto un unico centro compatto positivo. Se l'ideologia cristiana, mantenendo questa chiave di lettura, contrappone Dio e Satana, Tolkien schiera Sauron contro... apparentemente nessuno. Perchè i "buoni" sono separati, sparsi per la Terra di Mezzo, a loro volta inquinati dal Male. Quindi Sauron sarebbe Satana? Dio, addirittura? Una sorta di scontro fra monoteismo moderno e politeismo pagano, per ritornare anche all'opposizione fra industrializzazione e natura?
So che questi discorsi sembrano abbastanza cervellotici (se non addirittura campati per aria), ma giuro che mi sono nati spontaneamente durante la lettura. Una lettura che mi ha dato molto da pensare, come potete vedere. A questo punto chiedo anche a voi. Se lo avete letto, avete mai dato una lettura simile alla mia? Se no, che interpretazione avete dato?
Chiudo condividendo un video bellissimo su Sam. Come ricompensa per esservi sciroppati tutte queste chiacchierexD


Un saluto a tutti, al prossimo articolo:-*
Virginia




venerdì 20 gennaio 2017

Recensione: La Compagnia dell'Anello di J.R.R. Tolkien

Titolo: La Compagnia dell'Anello
Autore: J.R.R. Tolkien
Traduttore: Vicky Alliata di Villafranca
Casa editrice: Bompiani
Numero di pagine: 520
Formato: Cartaceo

Un mondo sul ciglio dell'abisso, un pugno di eroi capaci di opporsi al male. Una pietra miliare della letteratura di tutti i tempi.
Avventure in luoghi remoti e terribili, episodi di inesauribile allegria, segreti paurosi che si svelano a poco a poco, draghi crudeli e alberi che camminano, città d'argento e di diamante poco lontane da necropoli tenebrose in cui dimorano esseri che spaventano al solo nominarli, urti giganteschi di eserciti luminosi e oscuri. Tutto questo è Il Signore degli Anelli, leggenda e fiaba, tragedia e poema cavalleresco, romanzo d’eccezione al di fuori del tempo, semplice e sublime.


Salve a tutti cari lettori, buongiorno! Oggi vi porto la recensione di un libro speciale. Speciale perchè è famosissimo, perchè amo i film e perchè la rilettura mi ha fatto scoprire un Tolkien quale non lo ricordavo, che tiene incollati alle pagine e fa rabbrividire di paura. Ebbene si, dopo 10 anni mi sono finalmente cimentata con la rilettura del celebre Il Signore degli Anelli, e per fortuna che l'ho fatto, perchè mi sarei persa un libro meraviglioso*-*
Prima di partire con la recensione vera e propria, però, preciso che con questa recensione partecipo alla Leggendo SerialMente Challenge indetta dai blog Un libro per amico e Desperate Bookswife. Mia intenzione sarebbe, per questa tappa, non solo rileggere Il Signore degli Anelli, ma riprendere in mano anche Lo Hobbit e leggere per la prima volta Il Silmarillion, acquistato quest'estate con gli sconti e mai aperto.
Detto questo, eccovi la mia opinione.


Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi di Nani nelle lor rocche di pietra,
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,
Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende.


Tutti conoscono la trama di questo romanzo, anche solo grazie ai film di Peter Jackson. Da grande amante dell'adattamento cinematografico, la lettura del romanzo in sè è rimasta per anni (con mia grande vergogna) un ricordo non troppo convinto di un bel po' di anni fa, finchè con la Challenge non ho colto l'attimo e deciso di riprendere in mano un libro che mi chiamava da troppo tempo.
Come primo romanzo di una trilogia, La Compagnia dell'Anello ci presenta subito i protagonisti di questa storia: gli Hobbit. Con sorpresa del lettore, Tolkien non si immerge subito nel racconto ma si prende qualche pagina per descrivere la storia di questi piccoli, dolci esserini, che fuggono l'Uomo ma che un po' gli somigliano. Più che gli alteri Uomini di Tolkien, infatti, il lettore comune si immedesimerà negli Hobbit, che amano mangiare e festeggiare e nulla - o quasi nulla - sanno dell'oscurità che incombe su tutta la Terra di Mezzo. Eppure, chiamati a difendere chi amano non si tirano indietro, nonostante la paura che li attanaglia. Il talento di Tolkien si vede nel momento in cui non idealizza gli Hobbit ma li rende effettivamente a tutto tondo: anche fra di loro trova spazio il Male (la meschinità, il pregiudizio, l'avidità), ma è talmente piccolo, "comune", che, paragonato alla grande oscurità di Mordor, scompare. Non c'è buonismo, però, in Tolkien; che buonismo può esserci nell'uomo che ha creato Gollum e l'Anello?
In effetti, secondo me, La Compagnia dell'Anello è un libro che fa paura. Innanzitutto da un punto di vista convenzionale (i Cavalieri Neri sono degni di un horror), ma anche da un punto di vista un po' meno classico. Se devo essere sincera, infatti, l'idea dell'Anello, di una volontà malvagia e prevaricatrice, capace di annebbiare le menti e indurre alle azioni più orribili (Smeagol, la prima volta che vede l'Anello, per impadronirsene uccide l'amico Deagol), mi ha turbata molto.


Sicuramente nel mio caso si è rivelato vincente il parallelo col film, che mi ha messo a disposizione tutto un repertorio di immagini e colonne sonore che sono andate a mescolarsi con la mia stessa fantasia.
Una volta ricapitolata la storia degli Hobbit, entriamo subito nel vivo della storia, con l'organizzazione della festa di compleanno di Bilbo e l'apparizione sulla scena di alcuni importanti personaggi: Bilbo, già noto ai lettori de Lo Hobbit, Frodo, Gandalf, Sam. Ai nomi noti se ne affiancano altri taciuti dal film, ma che servono a ridare con estrema precisione l'idea della Contea e delle sue dinamiche. 
 Memorabili i capitoli dedicati a Lothlòrien e alla sua signora, Galadriel, ambigua e potente. Gli Elfi, in generale, sono il capolavoro di Tolkien, e nella narrativa fantasy successiva e contemporanea nessuno è più riuscito a renderli in maniera così perfetta: felici e tristi, giovani e antichi, amabili ma distanti. Le loro sono le luci delle stelle, lontane ma meravigliose nel cielo notturno, incapaci di donare calore ma rassicuranti nella loro sola presenza. E Lòrien, questo luogo dove il tempo pare essersi fermato, fa nascere il desiderio di epoche antiche e luoghi mai visti.
L'aspetto più suggestivo di Tolkien - e forse il più ostico per il lettore - è la sua scrittura, che conserva il sapore dell'epica antica e unisce alla sottile capacità di dipingere i personaggi con solo poche parole a una poderosa capacità poetica, che si sfoga in meravigliose e indimenticabili descrizioni paesaggistiche.
Ad arricchire questo libro - già bellissimo - sono le poesie composte dallo stesso Tolkien, che si intrecciano nella loro bellezza con l'accurata costruzione di un mondo e della sua Storia.
Ne riporto una, che ho particolarmente amato, tutta dedicata agli Elfi e, soprattutto, a Galadriel.


Cantavo di foglie, di foglie dorate, e sulle foglie l'oro brillava,
Cantavo del vento, e il vento incantato tra le fronde e le foglie giocava.
Al lume del Sole, al raggio di Luna, sul Mare brillava la schiuma.
Un albero d'oro, a Ilmarin ermo, su lidi e su spiagge profuma.
Al lume di stelle di Sempre-vespro esso si vedea brillar,
Ai piedi delle mura dell'Elfica Tirion, rifulgeva a Eldamar.
Ivi da anni e anni crescon le foglie d'oro,
Qui sui Mari Nemici gli Elfi piangono in coro,
Oh Lòrien! Giunge l'Inverno, l'Ora nuda e spoglia,
Il Fiume fugge via, e trascina con sè la foglia.
Oh Lòrien! Sulla Riva Citeriore troppo tempo ho passato,
Sbiadita è la mia corona d'elanor dorato.
Ma se adesso di navi dovessi cantare, qual nave vedrei arrivare,
Qual nave potrebbe ormai portare Galadriel al di là del mare?

Una riscoperta folgorante, che mi ha lasciata con la necessità fisica di continuare la lettura.

Virginia